La Parola
Le parabole del regno dei cieli; il seminatore e i diversi terreni                            

Matteo 13:1,9. =(Mr 4:1,20; Lu 8:4,15) 1Co 3:9
1 In quel giorno Gesù, uscito di casa, si mise a sedere presso il mare; 2 e una grande folla si radunò intorno a lui; cosicché egli, salito su una barca, vi sedette; e tutta la folla stava sulla riva.3 Egli insegnò loro molte cose in parabole, dicendo: «Il seminatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la mangiarono.5 Un'altra cadde in luoghi rocciosi dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; 6 ma, levatosi il sole, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì. 7 Un'altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un'altra cadde nella buona terra e portò frutto, dando il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9 Chi ha orecchi oda».
Matteo 13:18,23
Spiegazione della parabola del seminatore
18 «Voi dunque ascoltate che cosa significhi la parabola del seminatore! 19 Tutte le volte che uno ode la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e porta via quello che è stato seminato nel cuore di lui: questi è colui che ha ricevuto il seme lungo la strada. 20 Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia,21 però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della parola, è subito sviato. 22 Quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola; poi gli impegni mondani e l'inganno delle ricchezze soffocano la parola che rimane infruttuosa. 23 Ma quello che ha ricevuto il seme in terra buona è colui che ode la parola e la comprende; egli porta del frutto e, così, l'uno rende il cento, l'altro il sessanta e l'altro il trenta».
Parabola del seminatore
[4]Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola: [5]«Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. [6]Un'altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. [7]Un'altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. [8]Un'altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!».
Perché Gesù parla in parabole
[9]I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. [10]Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché vedendo non vedano e udendo non intendano.
Spiegazione della parabola del seminatore
[11]Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. [12]I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. [13]Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno. [14]Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. [15]Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza.
Vedere anche Matteo 13:3,9 e Marco 4:1,20.
La fede è iniziativa del seminatore che getta il seme della Parola. Nella nostra vita interiore è sempre Dio a partire per primo. La nostra fede è risposta a un'iniziativa, è accoglienza, è conversione nel senso di renderci conto di qualcuno che ci guarda. E ci ama. L'iniziativa di Dio è sempre gratuita e abbondante. Chi di voi seminerebbe in mezzo ai sassi? Chi di voi sprecherebbe del seme gettandolo sull'asfalto? Dio lo fa. Sa che alle volte il miracolo accade e che anche il cuore più indurito può aprirsi all'accoglienza della Parola. Non è straordinario? Dio è un idealista, ci conosce e ci ama e vuole in ogni modo incontrare ciascuno di noi. Gesù ci ricorda la presenza del maligno che è una realtà sempre presente nella nostra vita interiore: esiste una presenza oscura che ci ostacola e con cui dobbiamo fare i conti. Ma: che terreno siamo? L'analisi che Gesù fa delle tre situazioni è straordinaria. Il primo terreno è poco profondo, e rappresenta chi è incostante, chi si entusiasma subito e alla prima difficoltà molla tutto. Vi ci ritrovate? L'entusiasmo è essenziale alla fede ma va calato nel quotidiano: quante persone ho visto mollare tutto dopo un cambio di parroco o un trasferimento! Attenti alla costanza! Il secondo terreno è un terreno più profondo ma che viene soffocato dalle spine. E Gesù si premura di descrivere queste spine: preoccupazioni e angustie della vita. Quando, cioè, il vangelo non riesce a riempire il nostro cuore di serenità e ci lasciamo travolgere dalle cose concrete. Quante volte incontro gente che mi dice con un sorriso bonario: "Don Paolo, dici bene tu, ma la realtà è ben diversa! Un conto è il vangelo, un conto è la vita!". No, amici. Se la fede non cambia la concretezza della nostra vita, il vangelo è un'illusione. Se il Cristo non incide almeno un poco nei nostri giudizi, perché credere? Infine l'ultimo terreno. Chi ci si ritrova? Sfido chiunque a dire: "Sì, è vero, modestia a parte io sono un buon terreno!". Allora? Vi dico un'interpretazione che mi è piaciuta molto: è terreno buono chi di noi si è trovato, almeno un poco, in uno dei tre precedenti terreni. Chi si è sentito trafiggere il cuore e ha detto: "Signore, è vero: il mio cuore è duro come la pietra, sono scostante e troppo preso dalle mille occupazioni". Allora sì, abbiamo qualche possibilità di portare frutto perché viviamo nell'autenticità.
Semina ancora la tua parola con abbondanza nei nostri cuori, Signore!
Ripartire dalle situazioni dove la parola è seminata, cercando di rivalutarla e di recuperarla in quegli ambiti.
La Parola estrapolata piano piano dal cespuglio di spine. Dalle preoccupazioni del mondo, estrarre con calma la Parola. Là dove la Parola è secca e inaridisce, vedere il motivo di questa aridità. Là dove viene portata via, scoprire il perché di questa nostra debolezza. Là dove non c'è la costanza nel lasciarla crescere, trovare un fondamento più solido e abbandonare il modo incostante di accoglierla.
Rivista all'inverso, questa parabola del seminatore accresce ancora di più la potenzialità della Parola, permettendoci di addentrarci ad esaminare le situazioni per le quali la Parola non è accolta, è disattesa.
Ammiriamo, a questo punto, l'abbondanza della Parola che ci viene ridonata e recuperata, quale aiuto non solo in se stessa, ma come ausilio alla formazione del nostro carattere spirituale e della nostra identità riformata nel recupero di essa.
Inoltre, recuperiamo quelle dimensioni che avremmo dimenticate, nel poter invece individuare gli atteggiamenti concreti che dobbiamo vivere per non lasciare che la Parola svanisca, sia inaridita, ci sia rubata, ci venga soffocata, sia solo un frutto momentaneo,..e stiamo così recuperando tutta quella parola persa!
Come vivere questa Parola.
Il tema del seme, sotto vari profili, ritorna spesso nelle parabole del Signore, come ritornano molte volte immagini e realtà naturali, tratte dal mondo vegetale, animale, umano. Si direbbero frutto di uno sguardo ecologico profondo, di qualcuno che è vicino al creato e ne percepisce i ritmi e le stagioni.
Nel caso della parabola odierna, la terra è metafora del nostro cuore, che è più o meno disponibile ad accogliere il seme della Parola. A volte, infatti, cediamo all’egoismo, alla materialità, ed allora è come se si fosse seminato sull’asfalto, e la malvagità porta via il seme. Cioè abbiamo ascoltato, ma non ci è piaciuto, abbiamo preferito il male al bene, perché il male è più facile. Sarà capitato a molti di noi nella vita.
Altre volte può capitare che il nostro cuore sia volubile, vulnerabile, ed allora ascoltando il messaggio d?amore andiamo via pieni di buoni propositi. Ma non abbiamo ancora fatta molta strada in Gesù, non siamo ancora pronti, il nostro cuore non è ancora così fertile, e tornati alla nostra vita dimentichiamo ogni cosa e quella Parola la mettiamo in disparte nel nostro cuore. Ma il Signore ci concederà tempo perché quelle pietre diventino campo e dalle esperienze di vita, a volte positive, altre negative, troveremo via via quella fertilità d?animo necessaria a far fiorire in noi la Parola del Signore.
Non dobbiamo disperare, ricordiamo quanto dice Isaia? Come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza aver fecondato la terra, così sarà della mia Parola?. Dobbiamo convincerci che solo il Signore può renderci fecondi, può far fiorire la nostra vita. A noi spetta solo il compito di preparare una terra buona, aperta alla semina. Bisogna, tuttavia, avere pazienza, perché i tempi del Signore sono diversi dai nostri tempi umani. E seguire Gesù con perseveranza, come hanno fatto gli apostoli, che anche senza capire erano dietro il Cristo ad imparare da Lui. Allora il Signore con noi sarà ancora più generoso, rimuovendo Egli stesso, secondo i suoi tempi, secondo i tempi della salvezza, tutte quelle rocce, spine, asfalto, che non permettono al nostro cuore di essere fertile. Egli stesso ci farà fertili alla sua Parola. Nello spazio di preghiera di oggi, ripeterò la domanda di una bimba, che, preparandosi alla prima Comunione, chiedeva a Gesù: Fammi diventare una terra buona.
Parole di un teologo.
La predicazione è molto più che un insegnamento; è parola che opera ciò che dice in coloro che l?accolgono, è strumento di salvezza, perché il regno di Dio consiste precisamente nell?ascoltare la Parola e nel metterla in pratica. P., Emery

La fede è iniziativa del seminatore che getta il seme della Parola. Nella nostra vita interiore è sempre Dio a partire per primo. La nostra fede è risposta a un'iniziativa, è accoglienza, è conversione nel senso di renderci conto di qualcuno che ci guarda. E ci ama. L'iniziativa di Dio è sempre gratuita e abbondante. Chi di voi seminerebbe in mezzo ai sassi? Chi di voi sprecherebbe del seme gettandolo sull'asfalto? Dio lo fa. Sa che alle volte il miracolo accade e che anche il cuore più indurito può aprirsi all'accoglienza della Parola. Non è straordinario? Dio è un idealista, ci conosce e ci ama e vuole in ogni modo incontrare ciascuno di noi. Gesù ci ricorda la presenza del maligno che è una realtà sempre presente nella nostra vita interiore: esiste una presenza oscura che ci ostacola e con cui dobbiamo fare i conti. Ma: che terreno siamo? L'analisi che Gesù fa delle tre situazioni è straordinaria. Il primo terreno è poco profondo, e rappresenta chi è incostante, chi si entusiasma subito e alla prima difficoltà molla tutto. Vi ci ritrovate? L'entusiasmo è essenziale alla fede ma va calato nel quotidiano: quante persone ho visto mollare tutto dopo un cambio di parroco o un trasferimento! Attenti alla costanza! Il secondo terreno è un terreno più profondo ma che viene soffocato dalle spine. E Gesù si premura di descrivere queste spine: preoccupazioni e angustie della vita. Quando, cioè, il vangelo non riesce a riempire il nostro cuore di serenità e ci lasciamo travolgere dalle cose concrete. Quante volte incontro gente che mi dice con un sorriso bonario: "Don Paolo, dici bene tu, ma la realtà è ben diversa! Un conto è il vangelo, un conto è la vita!". No, amici. Se la fede non cambia la concretezza della nostra vita, il vangelo è un'illusione. Se il Cristo non incide almeno un poco nei nostri giudizi, perché credere? Infine l'ultimo terreno. Chi ci si ritrova? Sfido chiunque a dire: "Sì, è vero, modestia a parte io sono un buon terreno!". Allora? Vi dico un'interpretazione che mi è piaciuta molto: è terreno buono chi di noi si è trovato, almeno un poco, in uno dei tre precedenti terreni. Chi si è sentito trafiggere il cuore e ha detto: "Signore, è vero: il mio cuore è duro come la pietra, sono scostante e troppo preso dalle mille occupazioni". Allora sì, abbiamo qualche possibilità di portare frutto perché viviamo nell'autenticità.
Semina ancora la tua parola con abbondanza nei nostri cuori, Signore!

APPROFONDIMENTO
Questa non è una parabola come le altre. Ai discepoli, che tanto per cambiare non l'hanno capita, Gesù dice: ma se non capite questa, come potete capire tutte le altre? Questo è un test, che fa Gesù, per vedere qual è la risposta, di noi credenti, al suo messaggio. Il primo seme (il suo messaggio), è stato gettato sopra una strada, e subito dopo arrivano gli uccelli e lo portano via. Nella spiegazione, Gesù dice che sono quelli che ascoltano il suo messaggio, ma non fanno in tempo ad assimilare, arriva il satana e li porta via. C'è una categoria di persone che è completamente refrattaria al messaggio di Gesù, cioè quelli che hanno fatto dell'arrivismo il proprio stile di vita. Quando parla di ambizione, non significa lo sviluppo delle proprie capacità, che è positivo, ma di ambizione negativa, ossia schiacciare gli altri per far emergere sé stessi. Quindi quelle persone che fanno dell'arrivismo, dell'accumulare, del volere essere più importanti degli altri, la ragione principale della propria vita, sono una categoria completamente refrattaria al messaggio di Gesù. L'evangelista usa un termine tale per dire che quando arriva il messaggio, la semente, mentre ancora sta per cadere, già arriva l'uccellaccio e lo porta via, perché la tua ambizione, il tuo desiderio di successo, di potere, di ricchezza, ti rende completamente refrattario a questo messaggio.
La seconda categoria è il seme che cade su un terreno dove ci sono delle rocce e la terra non è molto profonda. Subito il chicco germoglia, ma non fa radici e quando spunta il sole, che normalmente dà la vita alla pianta, anziché dargli la vita, la uccide, la secca fino alle radici.
Un test pratico per vedere se siamo in questa categoria: il messaggio di Gesù non serve, a noi credenti, come un codice morale "esterno" per sapere come comportarci, ma deve essere talmente assimilato e fatto nostro , quindi si deve radicare fino a diventare parte di noi , che noi ci comportiamo in una determinata maniera non perché lo ha detto Gesù, non perché è scritto nei Vangeli, ma perché "io", ognuno di noi, lo vuole fare.
Un esempio pratico: se per perdonare io devo fare io devo ricorrere all'insegnamento di Gesù, questa è una spia per dire che il suo insegnamento non ha messo radici dentro me. Se dico: "Ti perdono perché Gesù ha detto che ti devo perdonare", ho bisogno di una forza all'esterno di me che mi dia la spinta per perdonare. Io perdono non perché lo ha detto Gesù, ma perché la capacità degli altri di fare del male non sarà mai tanto forte e grande come la mia capacità di voler bene. Lo stesso voler bene è il tutto! A volte può sembrare un linguaggio molto pio. Un esempio pratico: se per perdonare io devo ricorrere all'insegnamento di Gesù, questa è una spia per dire che il suo insegnamento non ha messo radici dentro me. Se dico: "Ti perdono perché Gesù ha detto che ti devo perdonare", ho bisogno di una forza all'esterno di me che mi dia la spinta per perdonare. Io perdono non perché lo ha detto Gesù, ma perché la capacità degli altri di fare del male non sarà mai tanto forte e grande come la mia capacità di voler bene. Lo stesso voler bene è il tutto! A volte può sembrare un linguaggio molto pio: "Lo faccio per amore di Gesù, lo faccio per Cristo", ma sono tutte spie per segnalare che questo messaggio non ha messo radici nella persona. Noi ci comportiamo in una certa maniera non perché lo ha detto Gesù, ma perché il suo messaggio lo abbiamo talmente assimilato che "noi" vogliamo comportarci in questa maniera. Questa è la seconda categoria.
La terza categoria è la più tragica, perché lì la terra è buona. Dice che il chicco è stato gettato nella terra buona e mette radici profonde; esce subito il germe