PERCORSI LETTERARI IN SICILIA 3 parte
Una vicinanza all'orizzonte umano e sociale di Pirandello che svela il
grigiore della piccola borghesia siciliana e l'angosciosa condizione della
donna (con il richiamo significativo che porta a L'ESCLUSA ) si riconosce in
Maria Messina, voce suggestiva ed autentica della letteratura della prima metà
del 1900.
Nata da una famiglia della piccola borghesia, Maria osserva il chiuso
ambiente della provincia siciliana e con particolare efficacia mette a fuoco il
mondo dei decaduti, dei piccoli proprietari, dei mediocri professionisti, dei
modesti impiegati dimessi e avviliti, che trascinano un'esistenza monotona e
grigia, intessuta di rinunce, di rimpianti, di sogni spenti, di solitudine e
segnata da carenze affettive, dove la quotidianità è avvilita dalla miseria
dignitosamente celata. Occhio partecipe della vita della piccola borghesia,
Maria descrive quella sofferenza esistenziale e quella malinconia, presente in
un mondo che non vive di splendori, è refrattario ad ogni mutamento.
Le storie hanno per protagonisti, soprattutto, figure di donne destinate ad appassire nella abitudine della vita di provincia. Prive di qualsiasi autonomia esse sono prigioniere delle leggi patriarcali che le condannano al matrimonio per motivi di convenienza economica e delle assurdità di certe convenzioni sociali. Nelle novelle, dove le qualità essenziali delle donne sono obbedienza e sottomissione, emergono tutte le difficoltà dei rapporti familiari che invano si cerca di tenere nascosti alla curiosità dei vicini come le incomprensioni, le gelosie, i tradimenti, che rendono penosa la vita quotidiana. In lei ci sono la partecipazione in prima persona agli eventi e la solidarietà sotto lo schermo dell'impersonalità. Le particolari atmosfere che troviamo nelle sue pagine consistono in una nascosta vena sentimentale, nella sofferenza del silenzio obbligato, nelle attese vane, nei soffocati drammi di sogni spenti, in quei lenti e sbadiglianti finali, dove si esprime una vita sonnolenta. Le frustrazioni e le restrizioni si concretizzano in immagini-simbolo, quali la "tetra casa" il vicolo, i1"baglio", la casa-pensione, dove ognuno vive per conto proprio in mezzo a disagi e silenzi. In molte delle sue novelle, ambienti paesani e figure del mondo contadino riecheggiano certe pagine di Giovanni Verga che esercitò su di lei un grande fascino umano ed artistico. Allo scrittore catanese la legavano un'affinità di sentimenti, la fedeltà ad un mondo ben conosciuto, le tecniche e lo stile. Le reminiscenze verghiane sono più rintracciabili nel racconto dell'esordio, ritratto lucido della desolata vita degli umili contadini battuti dalla miseria, degli emarginati, degli emigranti. La vita siciliana, quale essa la espone, non ha "né pompa di paesaggio, né drammaticità sanguinaria", è tutta in tono minore. Con il passare del tempo, non appena Maria Messina si distacca dal punto di partenza, cioè, dal legame di fedeltà al Verga, nella sua arte narrativa si delinea una certa autonomia, quando il suo verismo, acquistando morbidezze particolari, si orienta verso il racconto in cui non contano tanto i fatti quanto la loro risonanza nell'animo femminile. Molti elementi di notevole importanza la distingueranno dal Verga: la nitida e sottile tendenza all' indagine psicologica delle figure femminili, la rappresentazione della natura dove viene sottolineata la solitudine dell'uomo, una scrittura sobria, aliena dai grandi effetti, il tono sommesso e dimesso. Maria Messina appare lontana dal canone verista dell'impassibilità dell'autore: in lei non ci sono né la descrizione distaccata, né il guardare il mondo che va e raccontarlo, ma la partecipazione agli eventi, dove trapela la solidarietà della scrittrice. A differenza delle grandiose scenografie verghiane, Maria non ama i colori accesi, ha piuttosto il gusto pittorico dei crepuscolari, con tonalità grigie e sbiadite. Infatti, nelle sue pagine gravano sempre un "cielo basso e scolorato, nubi chiare, una luce incerta che rischiara il cielo, una smorta luce del crepuscolo", e la memoria di sole e di aria emerge solo in qualche palpito. La sua opera, denuncia del costume arretrato della provincia siciliana, è una polemica nei confronti di una società sprofondata nell'immobilismo, che accetta passivamente.
Anche la Sicilia di Elio Vittorini è un mondo fatto di gente povera e
rassegnata, da sempre abituata alla sofferenza. In Conversazione in Sicilia il
protagonista Silvestro Ferrauto torna nell'isola, terra natale, da cui era
partito quindicenne e dove ora la madre è rimasta sola in un piccolo paese. Durante
il viaggio di ritorno, prima sul treno, poi sul traghetto e ancora sul treno,
Vittorini incontra una serie di personaggi dai nomi simbolici, che in concreto
si dividono in offesi e offensori. L'incontro tra il figlio che osserva il
mondo di miseria e cerca di darsene una ragione e la madre che accetta la
realtà, quasi fosse dominata da leggi imperscrutabili, fa riemergere episodi e
sensazioni di un'infanzia trascorsa in luoghi primitivi e selvaggi la cui
suggestione e il tempo non sono riusciti a cancellare.
Le condizioni di degrado in cui sono costretti a vivere uomini, donne e
bambini, che attendono consolazione dalla speranza di una rivolta, riconfermano
l'identità di una terra di antica sofferenza, dove ci sono"i piccoli
siciliani affamati nell'aria fredda e gli uomini disperati, ognuno con il suo
proprio diavolo sotto il cielo delle solitudini".Come scrive L. Sciascia:
"la ricognizione di questo paesaggio umano tra i più squallidi e dolenti
equivale ad una ricognizione del genere umano perduto: la realtà descritta, i
viaggiatori che Vittorini incontra sul treno, i personaggi attraverso i quali
egli manifesta la sua opposizione alla società del tempo, i paesi dell'interno
dell'isola, sono emblemi, paradigmi dell'umanità offesa, del dolore del mondo".
Alla scoperta della sua terra, in cui l'egoismo e l'indifferenza dei politici
calpestano la dignità dell'uomo e ne aggravano le pene, Vittorini prende
coscienza che l'umanità si divide in oppressi ed oppressori, in ricchi e
poveri. Tra le due classi corre una sorta di diffidenza e si sente un'atmosfera
determinata dalla fatalistica e antica tristezza isolana che pesa su un popolo
gravato come da una secolare disperazione. Evocando ambienti e figure corali,
Vittorini fa risaltare soprattutto la loro drammatica consapevolezza di vivere
in un mondo reso schiavo dall'ingiustizia e dal conformismo.I1 viaggio della
memoria è un ricordo che sembra sconfinare nel mito: "c' erano anditi di
abitazioni scavate nella roccia, per la strada c'erano capre infingarde al sole;
nell'aria fredda c'era musica di zampogne con tintinnio di campane da capre.
Era una piccola Sicilia ammonticchiata di nespoli e tegole, di buchi nella
roccia, di terra nera, di capre". Pur se descritta nella sua cruda realtà,
la Sicilia, terra di piccole e povere cose, sembra trasfigurare fino a
diventare simbolo universale di una condizione di miseria, che è miseria del
mondo offeso. E' una Sicilia silenziosa, violenta nei colori, avvolta in
un'atmosfera triste che è più dell'animo dello scrittore che dei luoghi:
"la campagna secca color di zolfo e io ricordai il gran ronzio dell'estate
e lo sgorgare del silenzio". L'autore scopre nell'isola anche aspetti
positivi"(il cuore puro)" che egli si augura possano contribuire al
riscatto e alla salvezza, non solo della Sicilia e della sua gente , ma di
tutti coloro che nel mondo intero vivono ancora nell'oppressione e nella
miseria. E' necessaria per Vittorini una nuova cultura che possa combattere le
sofferenze per eliminarle.
Lucio Bartolotta
Le precedenti puntate
sono state pubblicate sui numeri 473 e 474.