Seme di senape
Una giusta obiezione
Lungo il Novecento c’è stata una tappa che ha segnato
chiaramente il distacco del magistero papale da quello dei teologi.
L’Humani generis, del 1950, era un documento di Pio XII ed esso
riportava il cosiddetto paragrafo delle encicliche; in breve, argomenti
teologici che fino ad allora erano di pubblico dibattito potevano
essere avocati dal papa.
A partire dall’Humani generis si può dire che sia nata
l’opinione pubblica nella Chiesa. Dopo la fase di incubazione
degli anni cinquanta, è nei decenni seguenti che si è
sviluppata l’opinione pubblica ecclesiale, cattolica e non; e un
ruolo galvanizzante, per così dire, ha avuto il Concilio
Vaticano II che ha recuperato molte idee dei teologi che negli anni
cinquanta erano guardati con sospetto.
Ora, la dottrina della Chiesa cattolica è un processo che va
ritenuto dai fedeli cattolici; non si tratta solo di un insegnamento
del magistero o dei documenti di un concilio. Sia chiaro: la dottrina
della Chiesa è ben più che un’opinione teologica.
Il magistero propone un insegnamento che richiede adesione sia
dell’intelletto, sia della volontà.
La Chiesa avrebbe da modellarsi sulla giusta obiezione che la Vergine
Maria formulava per l’arcangelo Gabriele, di fronte allo
squadernarsi del mistero dell’Incarnazione. Ora, in ciò
che riguarda le facoltà della Chiesa a comunicare il suo
mistero, essa trae il suo archetipo dalla Vergine Madre che ricevendo
il mistero di Dio, in modo reattivo, si è conformata ad esso; in
altri termini, dalla sua vocazione personale è derivata poi una
missione collettiva.
È chiaro che l’insegnamento della Chiesa cattolica
è rivolto sia ai vescovi sia ai teologi. Nel periodo seguente al
concilio s’è registrato nell’opinione pubblica
ecclesiale un prevalere del ruolo dei teologi rispetto a quello dei
vescovi; i primi segnalati più come maestri e i secondi
caratterizzati più come pastori. Ora il consenso autentico e
fedele è in vista della comunione; chi fa giusta obiezione, come
a suo tempo la Vergine Maria, ha da tendere pure all’unità
della Chiesa.
Così il genuino sviluppo della riflessione, suscitato dai
teologi di professione, non si concepisce di per sé in
opposizione al magistero. La Chiesa è l’ambiente vitale
del teologo e nel seno della Chiesa la sua comunicazione diviene
ecclesiale.
Così è stata, del resto, la vocazione della Vergine
Maria; il mistero della sua vita viene assorbito nella elezione del suo
popolo; altresì, l’immagine del nuovo popolo di Dio non
può prescindere dal compito di rassomigliarsi al mistero della
vita di Maria.
In senso teologico, non esistono partiti nella Chiesa e solo per una
certa analogia si possono applicare alla Chiesa le forme e le tecniche
della democrazia. Rimane sempre più vero il criterio della
differenza nella somiglianza del discorso sociale sulla Chiesa, messa a
paragone delle democrazie parlamentari. Rimane in vigore la
discontinuità teologica rispetto alla continuità
concettuale e alla contiguità di esperienze storiche.
Salvatore Falzone sac.
scribadelregno@virgilio.it