Storia locale
1942,
la rivolta delle donne di Montedoro
Il 3 gennaio di 73 anni fa, a Montedoro,
c’era stato il cambio di guardia al Comune: al podestà uscente dottor Giuseppe
Di Francesco era subentrato il compaesano Giuseppe Salvo, inteso Capurali,
possidente, fondatore del fascio a Montedoro nel 1923. In paese c’era penuria
di acqua per un nuovo guasto alla conduttura delle Madonie: si soffriva la sete
nonostante le continue piogge. In tutto il paese cresceva il malumore delle
persone specialmente nelle classi umili, dove i sacrifici diventavano
insopportabili per la mancanza del pane in quanto la farina era stata
razionata. Gli uomini parlavano della situazione insostenibile e facevano
progetti di manifestazioni pubbliche tali da far cambiare la situazione o
almeno ripristinare le condizioni precedenti che consentissero, almeno, la
sopravvivenza alle famiglie e ai numerosi bambini del paese. Le donne più
decise accusavano gli uomini di non reagire allo stato pessimo delle cose e
indicavano delle soluzioni da perseguire per ottenere qualche cambiamento.
C’era chi diceva che gli uomini se facevano qualche iniziativa di protesta
avrebbero subito le punizioni del regime con l’ammonizione o il carcere e
quindi, forse, era più opportuno che si muovessero le donne per limitare i
danni per i cittadini. Nei contatti quotidiani con le vicine di casa, ma anche
con le donne che incontravano per le strade, si confabulava sui propositi da
adottare spargendo la voce di una riunione presso la casa del fascio per il 24
marzo per stabilire quello che bisognava fare poichè gli uomini non decidevano
nulla.
Dopo quasi tre mesi, il 24 marzo 1942,
c’è stata la riunione delle donne alla casa del fascio alla quale, in tante, vi si erano recate anche con i propri
figli minori. In quell’insolita assemblea presero la parola diverse donne e
alla fine decisero di fare un corteo contro la riduzione dell’assegnazione del
pane.
In quel momento il pane era razionato ed
ogni famiglia aveva una tessera che le consentiva di avere una certa quantità
del cibo fondamentale. La riduzione della quantità di pane, cioè della farina,
danneggiava specialmente le famiglie povere e numerose.
Il grande corteo femminile, formatosi dopo
l’assemblea, davanti la casa del fascio, mantenendo un certo ordine, si è
dispiegato in Piazza Umberto destando lo stupore e la meraviglia degli uomini
che si trovavano a passeggiare, che si sono spostati sui marciapiedi. Le
dimostranti hanno preso il ritratto di Mussolini, portato dalla ragazza
Carmelina Guarneri di Luigi, ed al grido di Viva il Re, Viva Mussolini, si sono
recate, in corteo, al mulino dove sono entrate in massa tra spintoni e grida
suscitando le urla e le proteste dei titolari del mulino i fratelli Salvo. Le
donne più scalmanate hanno strappato i registri di macinazione che costituivano
il controllo della quantità di grano che potesse essere macinato per ogni
famiglia. Qualcuna gridò:”Ora jammu ni lu potestà!!!” e il fiume di donne
abbandonò il mulino, sempre al grido di “Abbasso!! Abbasso!!” e si riversò
verso la via Garibaldi ed a seguire la via Cavour e la via Vittorio Emanuele
dove abitava il segretario politico-podestà, Giuseppe Salvo (Capurali). Lungo il
percorso gli uomini poggiavano le spalle sulle mura delle case e osservavano
con alquanta diffidenza quella manifestazione tranne quei pochissimi che, si
dice, avevano”soffiato” di nascosto perché si tenesse la manifestazione. Le
donne con passo sostenuto traversarono le strade gridando alternativamente:
“Abbasso l’assegnazione!! Abbasso la tessera!! Viva il pane!!” . Davanti
l’abitazione del podestà le donne continuarono a gridare ripetutamente
“Abbasso!!” fino a quando al grido di qualcuna di loro vi fu una fitta
sassaiola contro le mura della casa del podestà. Non fu rotto alcun vetro e
nessuna porta o finestra venne colpita dalla sassaiola. Era una vera rivolta se
non che alcune donne, improvvisamente,
gridarono:”Arrivanu li carrabunera!!” ed in un battibaleno
l’assembramento si sciolse precipitosamente. I carabinieri cercarono di fare i
dovuti accertamenti sulle organizzatrici della manifestazione interrogando
diverse persone anche nel giorno successivo.
Il 26 marzo sono state tratte in arresto
dai carabinieri otto donne con l’accusa di essere state a capo della sommossa
del giorno 24 marzo.
- Calogera Calamera Alba, Carmelina
Guarneri di Luigi, Concetta Fiorentino,
Maria Capitano, Nela Marranca Giudice Fiarru, Pitrina Marcellu
Mantione, Rosa Ingrao, moglie di
Salvatore Lanza Vicilenti, Grigola Alaimo.
Qualche problema i carabinieri lo ebbero
nell’arresto di Pitrina Marcellu che abitava in via della Rupe. Aveva tentato
di sottrarsi all’arresto fuggendo dalla parte opposta della stradina da dove
erano arrivati i militari, ma dopo pochi minuti, fu presa con la collaborazione
di qualche milite fascista che diede ai carabinieri l’indicazione della
direzione presa dalla fuggiasca.
Le donne arrestate sono state trasferite
nel carcere di Caltanissetta. In paese si diffuse un senso di scoraggiamento ma
anche di paura tra chi aveva partecipato alla rivolta. Le donne evitavano di
uscire da casa e farsi vedere in giro anche perché c’erano “tanti ‘mpami” del
regime e le conseguenze sarebbero state molto gravi se si parlava male del
fascismo. Grande è stato il disagio dei familiari delle donne arrestate che
sono dovuti andare a Caltanissetta a visitarle in carcere e provvedere alla
bisogna.
L’8 aprile, le otto donne di Montedoro,
arrestate per la rivolta per la riduzione del pane, sono state scarcerate, dopo
tredici giorni, e sono ritornate in paese suscitando i sentimenti più diversi
tra i montedoresi. Le uniche parole che le donne hanno pronunziato furono: ”Noi
abbiamo protestato per il bene dei nostri figli, delle nostre famiglie e per
quelle di tutto il paese!”
Si disse, dopo tanti anni, che a
“soffiare” sulle donne, perché facessero la protesta, ci furono i primi
aderenti al Partito comunista italiano di Montedoro con a capo Michelangelo
Morreale. Altri sostenevano che la spinta alla manifestazione è stata data
dalla difficilissima situazione economica delle famiglie che non riuscivano ad
avere il pane quotidiano specialmente per i bambini.
Lillo Paruzzo