Un libro da consultare
Gens mea
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alberi genealogici con 8.000 nomi di persone
Questa
ricerca nasce dalla semplice constatazione che ogni persona, anche di età
avanzata, con i propri ricordi non riesce ad andare oltre i suoi bisnonni, cioè
oltre le tre ultime generazioni che l’hanno preceduto. Il passaggio da una
generazione all’altra si compie intorno ai 30 anni. Si può perciò ritenere che,
con le dovute approssimazioni, il ricordo rivolto ai nostri ascendenti non va oltre il secolo, tranne che si tratti
di persone eccezionali che, nel bene o nel male, riescano ad entrare in atti, scritture,
memorie a vario titolo e/o documenti noti ad una moltitudine di persone,
insomma nella storia. Ma anche allora non è detto che sia chiaro il loro
collegamento con i propri discendenti. In Corsica, ad esempio, sono in troppi a dirsi discendenti di
Garibaldi o addirittura di Napoleone Bonaparte.
Le
persone coinvolte in questo volume sono circa ottomila (discendenti e loro
coniugi), distribuiti in un numero di generazioni che va, in gran parte,
attorno a sette. A partire dall’anno 2013 e andando a ritroso nel tempo, nella
mia ricerca, sono arrivato non oltre
l’anno 1690. Negli anni futuri i discendenti degli inclusi in questi novantasei
alberi genealogici potranno risalire ben oltre le tre generazioni di cui dicevo
prima e, se avranno la solerzia di aggiornare il proprio albero, avranno il
merito di tramandare ai propri discendenti il ricordo dei propri avi.
Conoscere
la propria genealogia contribuisce a rafforzare la propria identità.
L’evangelista
Matteo nell’iniziare il suo Vangelo fa una lunga genealogia di Gesù, tripartita
in gruppi di quattordici generazioni (in tutto quarantadue generazioni) che
risalgono da Gesù ad Abramo (dal quale inizia la storia di Israele). Applicando
alle quarantadue generazioni la durata di trenta anni per ciascuna, ricaviamo
che Gesù venne dopo 1260 anni da Abramo. Ovviamente è probabile che tale
calcolo sia fatto in difetto perché possiamo presumere che la durata della vita
sia andata cambiando nel corso del tempo. Anche nella genealogia di Gesù
troviamo donne non israelite e, a volte, non proprio virtuose.
Cercando
in alcune biblioteche ed in internet (lingua italiana), non ho trovato libri o
indizi che conducano a ricerche, nel mare delle genealogie, che assomiglino al
presente volume. Mi è stato di aiuto
l’essere partito dall’albero genealogico della mia famiglia (albero b2),
allargandomi gradualmente di ramo in ramo, di generazione in generazione.
Questo è un libro che non va letto pagina dopo pagina, ma soltanto consultato da chi vuole conoscere i
rapporti tra i censiti in un albero. È anche possibile risalire ad altre persone inserite in alberi
diversi (attraverso i rimandi ai detti
alberi – riportati nei rettangoli gialli).
Per
compilare quest’opera ho chiesto notizie a centinaia di persone (residenti in tante
parti del mondo) mandando in genere ad esse copie dell’albero su cui stavo
lavorando e chiedendo integrazioni, correzioni e dati anagrafici. La gran parte
di essi mi ha risposto. Spesso mi hanno ringraziato dicendomi che attraverso
l’albero avevano avuto la gioia di scoprire l’esistenza di parenti con i quali
subito si sono messi in contatto. Chissà
se in futuro sarà ancora possibile fare una simile ricerca sia perché la
dispersione delle persone nel mondo sarà sempre maggiore sia anche per
l’entrata in vigore, in Italia, della legge che dà ai genitori la possibilità
di utilizzare come cognome dei figli sia il cognome della madre che quello del
padre oppure ambedue insieme.
Ho
constatato che il mio lavoro serviva anche ad aggregare le famiglie dando ai
rispettivi membri la consapevolezza della comune appartenenza.
Oggi
siamo sempre più investiti dalla globalizzazione che produce l’effetto di
ridurre le distanze ed incrementa le comunicazioni. In conseguenza vedremo i
nostri figli andare via dal comune in cui sono nati e cercare lavoro
altrove, trasferendosi in qualsiasi
parte del mondo. Già oggi notiamo che coloro che si sono trasferiti
permanentemente all’estero hanno allentato
i rapporti con i parenti e, se non tornano spesso al comune di origine,
finiscono col non conoscere più i parenti lontani. Perdono cioè la
consapevolezza della propria identità, come fossero foglie staccate dall’albero
familiare sotto l’azione del vento della globalizzazione.
Dal
punto di vista culturale, l’uomo sente il bisogno di essere consapevole della
propria identità, che è costituita da tanti elementi: la famiglia di
appartenenza, il territorio di provenienza, la lingua parlata, la religione
professata ecc. Tante volte abbiamo potuto constatare che le persone emigrate in
America agli inizi del secolo scorso, cercano ancora di conoscere i propri
parenti, di chiarire la propria genealogia
e spesso, venendo in Italia, li cercano (anche andando a chiedere
notizie negli uffici anagrafici del comune o nelle parrocchie) e stabiliscono
con loro nuove relazioni. È probabile che questo volume sarà gradito a molti
emigrati. Tanti hanno ricercato i legami o le radici che collegano il popolo
americano di origine italiana con la nostra terra attraverso gli archivi di
Ellis Island[1]
(https://www.ellisisland.org/).
La
compilazione di questi alberi genealogici mi ha dato modo di rendermi conto di
alcuni eventi verificatisi nel trascorrere degli anni. È cambiato il numero di
figli delle coppie di sposi. Prima
era più alto, normalmente si
attestava attorno a quattro e spesso, specialmente a Milena, si andava oltre
dieci. Eppure la povertà era maggiore. Col passare degli anni man mano che
l’occupazione si è spostata dall’agricoltura all’industria ed ai servizi ed il
reddito è andato aumentando, il numero dei figli è sceso attestandosi ad uno o
due figli per coppia. Forse per una modificazione culturale e una maggiore
consapevolezza genitoriale. Chissà!
La
coppia prima era costituita normalmente da persone sposate in chiesa, oggi il
legame matrimoniale si è allentato. Spesso si convive. Certamente ha influito
sia l’affacciarsi della donna al mercato del lavoro, sia la crescente scristianizzazione della
nostra società.
Anche
i nomi che si danno ai figli sono cambiati. Prima si rispettava di più l’usanza di dare ai figli il nome dei propri
genitori. Io mi chiamo Stefano Diprima perché mio nonno si chiamava Stefano
Diprima. Tale usanza è antichissima e ne abbiamo traccia anche nei Vangeli.
L’evangelista Luca riferisce che l’arcangelo Gabriele annunziò a Zaccaria,
marito di Elisabetta, che avrebbe avuto un figlio e lo doveva chiamare Giovanni.
Maturò il tempo ed Elisabetta partorì. «I
vicini ed i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua
grande misericordia e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per
circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre Zaccaria. Ma sua madre intervenne: “No, si
chiamerà Giovanni”. Le dissero: “Non c’è
nessuno nella tua parentela che si chiami con questo nome”». Al bambino fu
dato nome Giovanni perché anche Zaccaria lo volle.
Oggi
sono in tanti a non sentirsi vincolati dall’antica usanza e scelgono nomi di
personaggi celebrati dai media, sentiti in televisione o nelle letture di
romanzi o ancora nei film. Accade anche che i cattolici, nella scelta del nome
di battesimo, non rispettino il Codice di Diritto Canonico che
dice «I genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un
nome estraneo al senso cristiano»(Can.855).
Alla
base di ogni albero genealogico sta la persona. L’albero definisce il rapporto di parentela tra le persone.
L’uomo è per sua natura un essere “sociale” cioè collegato ad altre persone.
Detto collegamento può essere di varia natura: amicizia, conoscenza,
inimicizia, parentado ecc.. Sono
convinto che il collegamento più importante è l’amicizia . Il patrimonio più
importante che ognuno di noi ha è costituito dalle relazioni amicali che
possiede e che vorrebbe trasmettere ai propri figli. La natura aiuta l’uomo a
relazionarsi con gli altri uomini sulla base della propria libertà. La parentela
non è altro che un suggerimento che la natura dà all’uomo sulla scelta dei
primi possibili amici. L’uomo, usando la
propria libertà, può accoglierlo, respingerlo o semplicemente ignorarlo. Certo
però è che la famiglia è l’unico luogo in cui il singolo trova normalmente e
gratuitamente rifugio ed aiuto. Dal bambino all’adulto, tutti i suoi bisogni
trovano risposta in famiglia. Nelle nostre società progredite, la risposta ad
alcuni bisogni è oggi passata dalla famiglia alla società. Penso alle cure di
malattie gravi, alla istruzione, alla sicurezza ecc.. Ma la maggiore serenità
la trovano quelle persone che hanno cercato nei parenti più vicini i loro
migliori amici.
È
questo l’augurio che faccio al lettore.
Stefano
Diprima
[1]
Isola alla foce del fiume Hudson,
nella baia di New York. Antico arsenale militare, dal 1892 al 1954, anno della
sua chiusura, è stata il principale punto d’ingresso per gli emigranti che
sbarcavano negli Stati Uniti. Attualmente l’edificio ospita l’Ellis Island Immigrazion Museum.