Cultura
Percorsi
letterari in Sicilia – 5a
Intorno
alla terra di Sicilia gravita l'intera produzione di Vincenzo Consolo nella rivelazione di uno stretto legame con le
proprie origini, che perdura profondo a dispetto di una certa lontananza geografica.
Inseguendo le tracce di civiltà millenarie, egli percorre " nell'isola
eterna, dove sono convenuti tanti raggi luminosi della storia " i
luoghi epici di Omero e dei Malavoglia, raccogliendo i segni
delle diversità culturali della Sicilia, della sua bellezza, del suo
disfacimento e della passione di un popolo che non vuole perdere la propria
identità e la propria storia.
Nell'
isola, "terra antica degli dei e delle arti ", dai lirici
paesaggi incantati, egli si commuove davanti alla selvaggia poesia della natura, dove gli pare di
ritrovarsi in tempi remoti, nel silenzio di luoghi sperduti, "disastrosi avanzi", villaggi e siti rupestri. Negli
anni '60, nel suo tormentato viaggio con l'autobus di linea da Sant'Agata fino a Mistretta, dove insegnava presso
l' Istituto Professionale, così scriveva: "dei primi due anni che passai a
viaggiare mi rimane la strada arrotolata come un nastro, che posso svolgere:
rivedere i tornanti, i fossi, i tumuli di pietrisco incatramato , la croce di
ferro passionista; sentire ancora il sole
sulla coscia , l'odore di beccume, la ruota che s'affloscia, la naftalina che
svapora dai vestiti. La corriera, così scassata, era un miracolo se portava
gente ".
Consolo ha
un rapporto franco e cordiale con l'antico mondo del lavoro sui monti
Nebrodi, " alti di fronte al mare , di una bellezza impareggiabile.
Ricordo da fanciullo le foreste dei Nebrodi, fittissime, piene di sorprese,
d'incanti, di magie. Le popolavano lepri, serpi, rapaci e cavalli
sanfratellani, i discendenti di quei ronzini berberi e normanni portati
qui nel medioevo. Avevo i polmoni deboli e il medico di famiglia,
il dottor Liotta, sentenziò che avrei dovuto cambiare aria. Aria di
montagna". Fu un viaggio che aprì scenari nuovi ai suoi occhi assetati di curioso
osservatore.
"Quelle colline erano un po' una barriera infinita che nascondeva una
Sicilia che non conoscevo. Ricca di boschi, ma anche di paesi medioevali, come Caronia, Alcara Li Fusi,
Mistretta; questo perché le scorrerie corsare avevano per secoli costretto i siciliani a costruire i borghi sulle
rocche interne e non sulla costa". Il linguaggio di Consolo,
raffinato, ricercato, originale, emotivo, costruito con pazienza artigianale, è
ispirato dalla efficacia rappresentativa del
dialetto siciliano che ha lo scopo di far sopravvivere con la parola emarginata o
scomparsa la cosa o l'idea che esprime per aderire meglio ai luoghi perché egli cerca " di salvare le parole per salvare
ì sentimenti che le parole esprimono e per salvare una certa storia ". Restauratore di remote
impressioni, egli si rifugia nelle idealità, nei fantasmi per evitare la depressione per la realtà di un
presente su cui il tempo ha lavorato in senso negativo in un mondo senza
valori umani e morali, in cui la violenza convive con una disperata vitalità.
Nella sua opera ricca di lirici paesaggi, ma anche di amare
delusioni grava l'indignata denuncia, attraverso uno studio attento delle testimonianze storiche, di una Sicilia odierna,
inesorabilmente degradata, con il
gioco gattopardesco delle forze della conservazione, dove le testimonianze
delle splendenti civiltà sono destinate a soccombere sotto "le carnezzerie
con pozzanghere, con rivoli di sangue, coperti da giornali o lenzuola, di città
come Palermo ".
A1 centro
delle opere di Consolo vi è la percezione del male di vivere. In uno dei
racconti (Le Pietre di Pantalica),
troviamo una riflessione sul destino dell'uomo, della sua sofferenza e
della inevitabile vittoria della corrosione e della morte: "Ma che
siamo noi, che siamo? Formicole che s'ammazzano di travaglio in questa vita breve
come il giorno, un lampo. In fila avant'arriere senza sosta sopra quest'aia
tonda che si chiama mondo, carica di grani, paglie, pùliche, a prò di
uno, due più fortunati. E poi? Il tempo passa, ammassa fango, terra sopra un gran
frantumo d'ossa. E resta, come segno della vita scanalata, qualche scritta sopra d'una lastra,
qualche scena o figura".
Lucio Bartolotta