Seme di senape
Dalla
casa alla promessa
La volta scorsa si commentava la
distinzione tra «figli» ed «estranei» che si trova nel vangelo di Matteo
(17,24-27); e si argomentava che i «figli del Re» non sono sottoposti a tasse e
imposte; tuttavia Gesù sollecita Pietro a pagare la tassa per il tempio
affinché non sia lasciata a decadere dimora della gloria divina.
C’è poi una circostanza in cui Gesù si
trova a discutere con i giudei; nel vangelo di Giovanni (8, 31-41) emerge una
diatriba sul senso di appartenenza alla discendenza di Abramo. Ancora una
volta, di mezzo ci sono le istituzioni giudaiche.
Gesù afferma che rimanere nella Parola di
Dio conduce alla libertà e alla grazia; anzi, il discepolo diviene degno di
Dio, alla maniera di un figlio che ha familiarità e diritti rispetto ai suoi
genitori; perciò, diviene un candidato legittimo ad abitare nella casa di
famiglia. Al contrario, chi vive nel peccato offende la Legge e pertanto è
schiavo del peccato. Segue che il servo non ha diritto di rimanere nella dimora
divina per sempre.
«Lo schiavo non rimane in casa per sempre;
il figlio rimane per sempre» (Gv 8,35).
Di fronte a simile affermazione sarebbe facile per i discepoli di Gesù sentirsi
privilegiati; essi sarebbero i figli, in quanto accolgono la Parola, e i giudei
che ostacolano la rivelazione, gli schiavi. Ricondurre poi il passo giovanneo
al cap. 16 di Genesi, dove si racconta la nascita di Ismaele, presterebbe il
fianco ad una forma di antigiudaismo.
Le vicende alterne di Israele, popolo ora
libero e nomade ora reso vassallo di regni terreni, sono pure le vicende di
altre popolazioni dell’antico vicino oriente. Per il popolo eletto la casa
cambia; la promessa no; l’Israele messianico che attende al compimento della
Nuova Alleanza, ora si trova libero in Palestina ora si trova ridotto
all’esilio nelle regioni assire e babilonesi. Il senso di appartenenza alla
promessa rimane perenne se si persevera nella buona condotta morale.
Trovarsi fuori dalla grazia divina è il
vero esilio che Gesù vuole scongiurare per i suoi discepoli e per ogni uomo che
l’ascolta; egli passa presto dal senso letterale a quello morale. Chi si
mantiene fermo e fedele alla sua promessa, comincia a conoscere la patria
eterna. Ciò che più importa è di assimilare il comandamento dell’amore fin nei
precordi; essere fedeli alla Legge della Nuova Alleanza, di certo, significa
amare come ha fatto lui; e imitare il suo esempio significa pure «dimorare»
nella sua volontà affinché sia compiuta nel modo più diligente.
Salvatore Falzone sac.