- Storia del ponte di Passofonduto, tra Campofranco e Casteltermini
- (Con note autobiografiche)
- di Salvatore Panepinto
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- Un
giorno l’Appuntato Altavilla, facente parte della Stazione
Carabinieri di Taranto Vecchia, dove io prestavo servizio da giovane
Carabiniere nel 1954, mi chiese di comporre una “poesia” in
occasione della cresima del figlio Claudio.
- Egli sapeva che
mi dilettavo a scrivere in rima, perciò pensava che fosse facile
"tirare fuori" un pensiero di circostanza. Ma non era così
perché, trattandosi di specifica richiesta, non sentivo di
impegnarmi più di tanto. Ma con le sue buone maniere, ottenne il
mio consenso. Quindi, prova e riprova (fatiche mentali a parte), venne
fuori qualcosa che intitolai: “Accidenti al sonno!”. Al
momento della festa, fra gli invitati c’ero anch’io che,
fingendomi mezzo addormentato, dovevo leggere il "componimento "simile
ad una “filastrocca”. C’erano pure tanti amici e dei
“colleghi”, complici di una improvvisata
“sceneggiata”, per la verità riuscita bene. Eccola:
- Accidente al sonno
- Oggi la fantasia m’ha ispirato,
- un pensiero per la famiglia dell’Appuntato:
- l’ho scritto e lo tengo qui,
- ascoltatelo, dice così:
- Egregio Signor Altavilla,
- l’animo le ride, il cuore le scintilla:
- è contento e pieno d’allegria
- per questa festa e la nostra compagnia
- Beh! e questo, cos’è?
- E la moglie, dov’è?
- Questa parola, dove se n’è andata?
- Ah! sta qui, l’ho trovata!
- Mi scusi, Signora,
- il distrarmi m’addolora:
- ho sonno e non tanto bene veggo,
- proverò di nuovo, ascoltatemi, rileggo.
- Egregi coniugi Altavilla,
- l’animo vi ride, il cuore vi scintilla;
- siete contenti e pieni d’allegria
- per questa festa e la nostra compagnia.
- Beh! e questo cos’è?
- E Claudio, dov’è?
- Questa parola, dove se n’è andata?
- Ah! sta qui, l’ho trovata!
- Accidente al sonno che ho!…
- Non ci vedo neppure un po’!
- Scusami, Claudio, sai?,
- sono mortificato quanto mai!…
- Rileggo! Rileggo con più attenzione,
- voglio finirla con questa distrazione!
- Ascoltatemi, non vi annoiate,
- non dite nulla, sennò mi scoraggiate…
- Egregi coinugi Altavilla
- E Claudio, figlio vostro caro,
- l’animo vi ride, il cuore vi scintilla,
- gli occhi si trasformano in un faro.
- Beh!, e questo cos’è?
- E la Signorina Lucia, dov’è?
- Questa parola, dove se n’è andata?
- Ah! sta qui, l’ho trovata!…
- Non ci vedo, il sonno m’accecato!
- Come fare? Dormo, sono addormentato!
- Mi scusi Signorina, non se la prenda,
- è il troppo sonno, la prego, mi comprenda…
- Riprovo, ma se non riesco a finire,
- lo giuro, andrò a dormire!
- Vi prego, abbiate pazienza,
- accidenti a questa sonnolenza!
- Egregia famiglia Altavilla,
- l’animo vi ride e il cuore vi scintilla,
- siete contenti e pieni d’allegria,
- per questa festa e la nostra compagnia.
- Oggi, è una felice giornata,
- due volte da voi festeggiata:
- festa dell’Arma, a cui fa parte l’Appuntato,
- festa per Claudio che s’è cresimato.
- Alla festa partecipa il “compare”
- e gli amici che son venuti a ballare:
- perciò, un applauso ai presenti
- che dell’invito sono contenti.
- Non ci vedo, non so continuare,
- devo, devo andarmi a coricare,
- casco per terra, più non ce la fo,
- buona notte a tutti, domani lo leggerò.
- Taranto, 24-5-1954
- Ritornando al Ten. Triscari, la mattina successiva, col prezioso documento in mano, inizia il viaggio verso casa, raccontandolo così:
- “Sono ormai
solo sulla strada, fuori Casteltermini. Ho con me una bicicletta e,
fissata sul manubrio, la mia cassetta da cui ho tolto la targa con
grado e nome; anche così, puzza di militare solo a guardarla e
dentro ci sono i pantaloni, la camicia, la bustina, gli stivali, la
fascia azzurra d'ordinanza, la “Rivoltella Ideale" di Oriani, la
pistola con 10 caricatori completi e il cinturone; nel portafoglio ho con me
la tessera di Uffìciale. E’ un grosso rischio! Male che
vada, non nasconderò però la mia identità!"
- Strada facendo,
diversi furono i veicoli american carichi di soldati che lo superavano.
Il seguente brano è tanto dolce quanto emozionante:
- "Vado verso
Acquaviva e poco dopo sento rumore di cingolati; sono 4 Sherman sulla
mia stessa direzione di marcia. Scendo dalla bicicletta e mi stringo
sul lato a monte, con in mano il "Travel Permit" a giustificazione
della mia presenza. La colonna mi passa accanto, saluto con la mano gli
uomini che sono fuori e provo stupore evidente al fatto che l'ultimo
carro rallenta e si ferma. Mi fanno cenno di salire, porgo la
bicicletta, la cassetta, mi arrampico da solo e ringrazio con un
sorriso. Non credo a me stesso e lo stupore è tale che stento a
frenare i battiti del cuore. Parlo pochissimo, lascio intendere che non
capisco la lingua, ma accetto volentieri quello che loro stanno
mangiando.
- Dopo Lercara
Friddi la colonna piega a destra su Alia e poi ancora a Nord verso
Cerda; non ne capisco il perché; la strada diventa brutta,
sassosa, con curve difficili; all'ingresso di Cerda passiamo avanti e
siamo il carro di testa, ma cerco di spiegare che bisogna aggirare il
paese perché nell'interno le strade sono più strette del
carro. Ora capisco! Il pilota ha il nonno nel paese, perché
porge spesso un foglio con un nome ed un indirizzo, e riceve dalla
gente sorrisi, battimani e l'invito a proseguire. Ma capita quanto
già avevo previsto e l'incastro e inevitabile. Proseguo da solo;
mi porgono la bicicletta e la cassetta oltre la torre, mi aggrappo al
cannone e scivolo davanti. Saluto, ringrazio; mi allontano lentamente,
ma fuori vista dopo la prima curva accelero più che posso.
Davanti ora è il Mare Tirreno, so già che tra qualche Km.
dovrò piegare a destra, poi sarà Cefalù, Santo
Stefano di Camastra, Sant'Agata di Militello, e poi il largo respiro
dello Zappulla; ormai mi ritrovo tra posti conosciuti, non sento fame,
non ho sete, non provo stanchezza. Un pensiero alla Madonna di
Gibilmanna e, finalmente a casa.
- A questo punto
sento la necessità di esprimere un doveroso pensiero sul conto
di questo Importante Personaggio, quale che sia il Signor Tenente
Marconista Dionisio Triscari, Super Uomo e Grande Ufficiale, per il
quale ogni qualvolta leggo anche una sola parte del suo Diario, provo
apprezzamento, simpatia ed emozione, come se lo avessi di fronte in
tutte le sue manifestazioni.
- Diverse cose da
lui scritte le sapevo di già, perché avendo in
quell'epoca 15 anni, le ho vissute giorno dopo giorno, con l'angoscia
di un futuro 4incerto, come quando ci si trova in prima linea, in Lui. Altri fatti li ho letti poi, nei libri degli Storici Castelterminesi.
- A tal proposito
dico con piacere che questo libro (nato per caso) verrà letto
principalmente dai miei figli, dai figli del miei figli (nipoti), dai
figli dei figli dei miei figli (pronipoti) all'infinito perché,
a parte i miei "episodi" che sanno di "racconti paesani", quello che
accadde in questo lembo di "Suolo Italiano", località
"Passofonduto" di Casteltermini, ce lo troviamo in primo piano in due
distinti avvenimenti che portano il Ponte sul Fiume Platani al centro di situazioni opposte.
- Anche l'eventuale
lettura da parte di amici o conoscenti la considererò motivo di
"orgoglio" per il Signor Tenente, per la sua professionalità
nell'operare. Sarà quindi grazie a lui se tanti altri cittadini
verranno a conoscenza di simili "eventi" che altrimenti resterebbero
ignorati.
- Dicendomi
testimone diretto, mi fa piacere raccontare un paio di episodi che
trovano riferimento allo sbarco degli alleati in Sicilia, ed al
transito degli americani dal mio paese.
- Quello che segue è il
primo. Nel tratto di strada della Statale Passofonduto - Casteltermini,
distante in linea d'aria poco più di due chilometri, in
località Mandravecchia lo zio Francesco possedeva un
appezzamento di terra con vigneto, ulivi e mandorli. Un giorno mentre
mi trovavo lì, improvvisamente spuntarono da una collina due
aerei di quelli a due code (°) che volavano a bassa quota,
istintivamente corsi per mettermi al riparo sotto un albero, ma mio
fratello Francesco mi lanciò un urlo spaventoso, dicendomi:
"Fermatiii!!!". Mi bloccai sull'istante e non accadde nulla. Poi mi
spiegò che se io fossi rimasto fermo come un palo, sarei stato
confuso con degli oggetti di campagna, viceversa correndo, rischiai
d'essere mitragliato, perché era questo ciò che avveniva
in quel periodo per le persone che camminavano fuori dal paese. Del
resto capitò anche mio fratello Raffaele, con altri quatto
compagni di lavoro, di ritorno dalla zolfara. Ma per fortuna non furono
colpiti.
- Ecco come, spiega
questo tipo di apparecchio, il Tenente Triscari: "Trattasi del Looked
P. 38, a due code come i nostri Savoia Marchetti delle trasvolate
atlantiche, ma con la differenza che è un monomotore e le code
sono fusoliere, con equipaggio e mitragliatrici".
- Un giorno, a
sorpresa, dai medesimi aerei, vidi sganciare due bombe a breve
intervallo. Una cascò poco distante la periferia sud del paese,
l'altra fu lanciata su una collina prospiciente il centro abitato. La
paura fu tanta ma grazie a Dio non accadde nulla. Data la vicinanza con
Passofonduto, quale obiettivo militare, queste esplorazioni erano
frequenti.
- Per chiudere il cerchio dei tre fratelli, chiamati o richiamati per servire la Patria,
è con gioia che dico che pure Vincenzo poté considerarsi
fortunato per essere tornato a casa, sano e salvo, dopo cinque anni di
tra guerra e disavventure.
- Nel 2003, ossia
sessanta anni dopo, in quella medesima proprietà di
"Mandravecchia", (in parte ereditata da me) dove alcuni anni prima
avevo fatto scavare un pozzo artesiano, rinvenni una scheggia di bomba.
La presi e la conservai con emozione perché si trattava
certamente dell'unica bomba esplosa in quella zona, senza conseguenze.
- L'altro episodio,
pure accaduto nel luglio 1943, riguarda lo zio Francesco in prima
persona, allora settantacinquenne, uomo sapiente e maestro di vita, il
quale montato sulla sua asina non più giovane come lui, di
ritorno da Mandravecchia, ad un certo punto nell'essere superato da una
Jeep, salutò un ufficiale superiore americano con le seguenti
parole: "Hello
Fred" e quegli, dopo aver risposto al saluto, gli chiese come mai
sapesse il suo nome. Lo zio gli spiegò di averlo improvvisato
perché sapeva che in America, tante persone si chiamano
così. Dal momento che lo zio sapesse parlare l'inglese ed anche
argomentare per essere stato quattro anni negli Stati Uniti, ne nacque
un improvvisato piacevole dialogo, che lasciò contenti entrambi.
L'Ufficiale gentiluomo, gli regalò un paio di scarpe basse color
marrone, che furono infinitamente gradite. Qualche volta di domenica
pomeriggio le calzai anch' io.
- Citare l'asina
dello zio Francesco senza dedicarle un piccolo pensiero, sarebbe come
"mancarle di rispetto" siccome la praticai e la cavalcai per oltre un
decennio, iniziando da bambino e continuando da giovanotto, avendo
così modo di valutarne la "bontà".
- Anche la mia
nonna Carmela, sorella del garibaldino Bernardo Fragale, la
cavalcò molte volte nonostante l'età avanzata, sedendosi
comodamente sul "basto" a gambe unite, messe lateralmente. Le redini le
teneva con bravura, sicura della mansuetudine della bestia,
perché tali tipi di animali, contrariamente a quanto si dice e
al nome che portano, non sono stupidi ma "molto, molto umili" .
- A tal proposito
non saprei spiegarmi il perché queste povere bestie, mansuete
per natura e incapaci di ribellarsi, in passato venissero trattate con
inaudita crudeltà, dalla categoria dei gessai.
- In gruppi di tre,
quattro e anche cinque, con delle bisacce piene del pesante gesso,
facevano la spola fra la "fornace" e il cliente che ne faceva uso per
costruire.
- Il conducente,
quasi sempre un giovanotto, cavalcava l'asino più vigoroso e,
servendosi di una lunga verga flessibile, li faceva trotterellare a
suon di colpi. Nel viaggio di ritorno, non essendo "carichi", venivano
ripetutamente prese a vergate sulla schiena, tanto da far loro perdere
l'equilibrio e quindi dover correre "sbilenchi" per un po', col
risultato che il "vile conducente", per "raddrizzarli" li colpiva
ancora dall'altra parte della schiena, con la medesima violenza. E
essi, poveretti, correvano, correvano senza interruzioni, perché
sapevano che la verga era pronta per colpirli ripetutamente.
- Di tale
"crudeltà" era nato un "motto" che esprimeva lo specifico
comportamento disumano degli scellerati conducenti. Recitava: "Essere
trattati come gli asini dei gessai!". Era, ed è tuttora, uno
sfogo da parte di "persone indifese" destinate a subire "ogni tipo di
prepotenza", da parte di coloro che hanno "poteri discrezionali!". (nni finì cumu li scecchi di li issara).
- Facendo
riferimento alla "nonna" che aveva 80 anni quando io ne avevo 9, da
alcuni decenni mi "porta" a fare delle considerazioni che, oltre a
ritenerle giuste, mi sembra di non averle mai lette né sentite
dire dalla bocca di altri.
- Si tratta di
memorie, o meglio di tutto ciò che ha che fare col tempo
passato, il che significa che "se lei" (della quale conservo ottimi
ricordi), mi raccontava episodi narratile dalla sua nonna, o
addirittura dalla bisnonna, le quali a loro volta li avevano appresi da
altri precedenti antenati, ne deriverebbe che io ora, racconterei fatti
risalenti ad alcuni secoli fa, come se fossi (per sentito dire)
testimone diretto.
- Esempio: partendo
dal presupposto che una generazione sia composta da 25 anni, e che i 3
nonni o bisnonni, come nel caso mio, abbiano dato luogo a 3 generazioni
ciascuno, ne conseguirebbe che essi (compresa la mamma del Garibaldino
che pure lei fu longeva), siano giunti a 9 generazioni. Di conseguenza
si diventa conoscitori di fatti originati 2 secoli fa.
- Per usanza, i
nipoti (e anche i pronipoti per imitazione), la chiamavamo "Mamma-Mela"
(Mela ci sta come diminuitivo di Car-Mela), il cui significato
rispondeva a due volte Mamma, "Mamma di mia Mamma".
- Rimanendo nei ricordi della sua dolce compagnia, trovo
interessante quando da ragazzo mia madre mi raccontò un
frammento di storia familiare riguardante il di lei nonno paterno,
Francesco Zambuto.
- Costui (nato
nell'’800.) costruì un fabbricato con l'intento di farne
due abitazioni perfettamente uguali da dividere, agli unici due figli,
Raffaele e Vincenzo. Quando arrivò l'ora tirò le sorti e
i figli l'abitarono autonomamente con le rispettive famiglie, in
perfetta armonia.
- Raffaele e
Vincenzo a loro volta, fra i vari figli ebbero ciascuno un figlio
maschio al quale, in base ad una rispettabile tradizione, imposero il
nome Francesco, con la conseguenza di chiamarsi entrambi "Zambuto
Francesco", e col risultato che, per distinguerli, occorreva aggiungere
il nome del padre, nominandoli quindi: "Francesco di Raffaele e
Franccesco di Vincenzo.
- Rimasti tutti e
due celibi e non esistendo altri Zambuto maschi, con la loro morte e
quella delle rispettive sorelle, la famiglia Zambuto di Casteltermini,
si estinse definitivamente.
- Non così
fu per il cognome di nonna Carmela, perché grazie al fratello
Bernardo, il garibaldino, nacquero numerose generazioni tra figli e
figli dei figli, uno dei quali, avendo sposato mia sorella Maria, dava
luogo ad una nuova maglia dell'antica catena. A tal proposito posso
aggiungere che, se ai tempi di nonna Carmela, io ero considerato un
nipote dei Fragale, ora mi trovo nella condizione di zio, in
riferimento ai figli della citata mia sorella.
- Ritornando al
Francesco di Raffaele, ossia al fratello di mia madre, costui era
portato allo studio, dimostrando una vasta cultura generale, raggiunta
da autodidatta
- Egli fu
Consigliere al Comune di Casteltermini assieme a mio padre il quale,
come lui, lavorava in miniera, ed era altrettanto istruito; era stato
Giudice
- Popolare presso la Corte di Assisi di Agrigento. Andavano molto d'accordo.
- Era quella
un’epoca in cui, chi si intendeva di miniere, cercava di
“sfondare”, ossia riuscire a rovare un giacimento di zolfo
valevole come tentativo per aprire una miniera tutta propria, con la
speranza di una vita migliore. A tal proposito, anche mio padre assieme
allo zio Francesco, in piena sintonia tentarono diverse volte,
impiegando apposito personale che pagavano di tasca propria, purtroppo
senza successo.
- Della famiglia di
Vincenzo, fratello del nonno Raffaele, avrei da dire che fra i nipoti
dell'unica sua figlia Carmela sposata, c'era Serafina, maestra delle
scuole elementari non ancora di ruolo, che fu mia insegnante privata,
siccome a causa della
guerra, le scuole erano state chiuse mentre io frequentavo la terza
elementare. Quando poi si riaprirono, essendo diventato un giovanotto,
dovetti rimediare con la scuola privata a pagamento, con la citata
cugina Serafina, conseguendo la 5^ elementare con un livello culturale di 3^ Media.
- Quando poi si aprirono quelle serali, mi iscrissi alla 5^ elementare
non come "ripetente..." ma con l'intento di migliorare la cultura
generale, non esistendoci allora le Medie serali, conseguendo altra
licenza: la seconda in ordine cronologico. E la cosa non finì
lì perché l'anno successivo mi iscrissi altra volta. La
maestra, a sua volta, nel vedermi riseduto fra i banchi, si rivolse al
Preside, il quale da persona saggia, apprezzando la mia buona
volontà acconsentì, esprimendosi nei seguenti termini:
"Maestra, quanti ragazzi non vengono a scuola?, e quanti altri vengono
sfaticati?, e lui che ha voglia di imparare lo dobbiamo mandare a
casa?!, lo accetti e lo scriva sul registro!", lasciandomi conseguire
la 3^ licenza elementare, in ordine cronologico.
- All'inizio dell'anno di poi, prima che qualcuno dovesse intercedere per farmi sedere nei medesimi banchi, si
presentò un professore con la barba, che di cognome faceva
proprio Barba, il quale dovendo formare una classe per insegnare
Agraria, cercava ragazzi ben preparati: proprio quello che faceva al mio caso! E
così frequentai il terzo anno da "studente di sera" e
"lavoratore di giorno" con tanto di calli alle mani, affrontando
pioggia e freddo d'inverno e caldo africano d'estate, percorrendo a
piedi decine di chilometri per recarmi prima al lavoro e poi per far
ritorno a casa, conseguendo il titolo di studio Tipo "C",
Aggiornamento, paragonabile al 1° Avviamento Professionale (4^
licenza in ordine progressivo).
- Nel frattempo avevo raggiunto il ventesimo anno di età. Quindi, per mia scelta, mi arruolai nell'Arma dei Carabinieri con ottima cultura generale.
- In riferimento
alla frequenza dei tre anni di scuola serale, mi addolora il pensiero
per non aver potuto frequentare le Scuole Medie a pagamento
perché, avendone le qualità intellettuali, certamente
sarei arrivato ad un diploma! Ma le modeste condizioni familiari non me
lo consentirono
- A tal proposito mi viene in mente quello che mi raccontò in quel tempo lo zio Francesco, in
merito ad un ragazzino di famiglia economicamente modesta, di nome
Ludovico Antonio Muratori detto il Moro, il quale in una scuola di
campagna andava
ad ascoltare le lezioni da dietro le finestre. E quando il maestro lo
scoprì, siccome gli scolari si distraevano, lo fece entrare, gli
parlò e, resosi conto che ne sapesse più dei suoi alunni,
gli consentì di frequentare la sua classe gratuitamente, e dandogli la possibilità di diventare eccelso (Giurista e politico).
- Naturalmente non
sarebbe stato il caso mio, pur tuttavia mi ritengo ugualmente fortunato
perché nell'Arma dei Carabinieri, con la mia perseveranza,
raggiunsi il massimo grado nella scala gerarchica dei Sottufficiali,
ossia quello di "Maresciallo Maggiore Aiutante", la cui qualifica
rientra nel personale di concetto, con le relative meritate decorazioni.
- Qui, pur avendo
iniziato diverse volte a studiare seriamente, per realizzare il
"Diploma mancato", non mi fu possibile per ragioni ambientali, da me
considerate assurde. Ma quando appresi la notizia d'essere stato
ammesso alla Scuola Allievi Sottufficiali di Firenze, da privatista mi
presentai presso L'Istituto Scolastico di Pratovecchio-Stia (Arezzo),
sostenendo i relativi esami e conseguendo il Diploma di Scuola
Secondaria di Avviamento Professionale Tipo Industriale Maschile, non
perché fosse indispensabile, in quanto la partecipazione al
Concorso era già avvenuta per "esami" e non per "titolo". ma per
un punto di "orgoglio" personale in relazione alla futura carriera di
Sottufficiale,
- In merito al livello di cultura, mi fa particolarmente piacere parlare dei verbi (che
ho messo sempre al primo posto) siccome credo mi abbiano fatto ben
figurare nell'esprimermi correttamente (modestia a parte).
- A tal proposito
mi fa piacere citare la scena del film "Don Camillo e Peppone", in cui
i due protagonisti, vanno a trovare l'anziana Maestra moribonda, che fu
insegnante del Sindaco al quale, sapendolo "zoppicante", gli
raccomandò di "ripassare i verbi...".
- Anche se "poco"
come attestato "Scolastico", questo semplice "Diploma", nella mia
modestia vale un "Tesoro", considerando le numerose vicende (belle e
brutte) che si sono succedute.
- Un episodio che mi fa ricordare volentieri la brava cugina e maestra Serafina (accaduto
dopo essermi congedato), lo voglio raccontare per il piacere di averla
avuta a casa mia da pensionata pure lei, per una visita di cortesia
assieme al marito Gaetanino Butticè, pure lui maestro in
pensione e affabile.
- Allegra nel
carattere e molto amica di mia moglie, nella circostanza si rese
particolarmente cordiale nello scambio delle battute comiche che, fra
tutti e quattro tiravamo fuori.
- Ad un certo punto, ricollegando il fatto d'essere stato un suo alunno, a sorpresa e con una certa emozione,le
detti da leggere parte di una mia "composizione". Com'era immaginabile
felicemente feci centro!, perché ne derivò una allegra
sceneggiata che riporto di seguito dicendomi certo che piacerà molto.
- Le panchine della Fontana di Campofranco
- "Preso dal
risentimento per il fatto che le panchine della Fontana della
Rinascita, nel periodo estivo vengono occupate dai medesimi uomini
anziani, un osservatore scrive (con la fantasia) al Sindaco, pregandolo
di esaminare il caso per trovare una soluzione:
- "Egregio Signor Sindaco,
- nella mia persona
di semplice cittadino, vengo a metterla a conoscenza di un fatto che a
prima vista potrà sembrare banale, specie se paragonato ai
problemi d’attualità sempre più complessi; ma tutte
le situazioni, critiche e non, meritano d’essere esaminate.
- Mi riferisco alle
panchine della Fontana che, nei mesi estivi, vengono occupate dai
medesimi vecchietti, senza che altri abbiano la possibilità di
sedervisi. Infatti, dalle prime ore della mattina e fino a notte
inoltrata, questi vegliardi nonnetti sembrano darsi il “cambio
sul posto”.
- Forse ella,
Signor Sindaco, vorrà fami notare il rispetto che costoro
meritano. Vorrà anche dirmi che essi possano essere nostri
padri, nostri avi, parenti oppure amici, per cui sono degni di
riguardo. Ma io non sto parlando male di loro di cui ho invece molta
stima; sto solo cercando di esporre un problema di
“monopolio” che, se visto dalla giusta angolazione, merita
d’essere analizzato.
- Ordunque, la Fontana in generale, è spettacolare. I monti che la circondano le danno aria fresca e pura. La Fontana, in particolare,
detta della “Rinascita”, felice capolavoro architettonico,
unico esemplare in tutta la Sicilia, i cui Bronzi raffigurano
l’Industria, l’Artigianato, l’Agricoltura, le
Miniere, le Saline, l’Archeologia, il Turismo, il Teatro, la
Viabilità, l’Istruzione, il Risparmio, lo Sport,
contornata dalla verde aiuola, è suggestiva.I
numerosi zampilli, che a ritmo alternato sgorgano da più strati
con impeto verso l’alto e che, ricadendo cambiano direzione al
mutar del vento, creano un raro scenario, reso ancor più
attraente dalla naturale composizione delle bellissime immagini, fra
cui una grande cupola di pioggia che forma un pittoresco ricamo
incrociato. Un imperioso getto centrale, domina il mosaico sottostante
rappresentato dagli schizzi, come una grande torta nuziale a più
strati, in una veduta veramente incantevole, specie se osservata coi
riflessi del sole in una giornata splendida. Breve intervallo e lo
spettacolo ricomincia allegro, affascinando chi sta a guardare, magari
sfiorato dalle finissime goccioline.
- Coi suoi
spettacolari spruzzi, la Fontana, munita da fari interni, appare ancor
più pittoresca a tarda sera, illuminata com’è da
una luce colorata che le arriva dai lampioni che la circondano.
- Le Panchine,
intervallate da piccoli alberi piantati in caratteristici vasi di
pietra a tronco di piramide rovesciata, con pareti ornate da minuziosi
sassetti selezionati, la rendono stupenda, siccome inghirlandata dalla
infinita ringhiera che adorna e cinge.
- Seduti
però, sono sempre loro: i vecchietti che non si stancano di
narrarsi il tempo passato. Persone di tutte le età affollano la
Piazza, si muovono, camminano, s’incontrano, si fermano, parlano.
Danno pure un’occhiata alle panchine, alla ricerca di un posto
libero ma, deluse, vedono che è tutto esaurito!
- Mi scusi, Signor
Sindaco, e mi permetta l’immodestia: capisco che i diritti dei
cittadini fanno parte di un moderno progresso, considerando del tutto
lecito l’occupazione delle panchine. Ma, Santo Iddio, non si deve
confondere il diritto col rispetto dell’altrui persona, quando
tutti facciamo parte della medesima Società e solo alcuni fanno
uso di un bene comune. E poi, viene da chiedersi: “Perché
questi benedetti nonnetti, non si portano i loro nipotini a cui
raccontare la vita vissuta, frutto di esperienza e insegnamento?
Così facendo, forse, le panchine prenderebbero il giusto aspetto
che è quello d’essere occupate anche da donne e piccini.
- Signor Sindaco,
non voglio toglierle altro tempo a lei prezioso, perché so
quanti sono i problemi che ogni giorno deve affrontare, perciò
concludo pregandola di voler esaminare il caso e trovarne una giusta
soluzione.
- Distintamente grazie.
- Campofranco, 20-8-1989.
- Salvatore Panepinto
- La cugina Serafina,
non più giovanissima come pure io, al termine della lettura e
relativi commenti, rimase meravigliata. Nel farmi i suoi complimenti
sembrava dicesse: "Il mio alunno ha raggiunto la Maestra".
- Prima di porre termine, un doveroso pensiero sento
di dedicarlo al “Computer”, che mi ha facilitato la
passione nella composizione dei racconti, unendoli in distinti volumi,
quali:
-
La Rima, con 15 poesie;
-
La Prosa, con 18 racconti;
-
Lo Sfogo con 19 episodi relativi a fatti ritenuti ingiusti:
-
In Caserma, in cui sono riportati allegri episodi accaduti in ambiente militare;
-
Il Comandante della stazione citofonica che tratta parte del mio lavoro nella qualità di Maresciallo Comandante di Stazione, collaborato dai pochi dipendenti;
-
Le panchine della Fontana della Rinascita - 2^ Edizione 2009, racconto, foto e cronistoria della Fontana della Rinascita di Campofranco;
-
Le chiese e le processioni religiose di Campofranco, raccolta di foto con didascalia riferite alle feste religiose di Campofranco;
-
Il Mosaico in maiolica dell'artista Roberto Fragale che tratta opere d'arte di esclusiva bellezza, la cuiparte centrale rappresenta la Croce come strumento di pace nel mondo, mentre nella parte iniziale e inquella finale, nella
mia qualità di ideatore ed autore del volume, mi sono permesso
di inserirci alcuni episodi personali che "potrebbero" ritenersi fuori
luogo, ma che, se guardati da "altra" angolazione, potrebbero apparire
accettabili.
-
Il Criticone, tre racconti che hanno in comune un acuto senso critico;
-
Storia di un ponte sul fiume Platani in località 'Passofonduto" di Casteltermini, vicissitudini e tanti episodi improvvisati.
- Infine, con un
pizzico di orgoglio, concludo col dire che mi fa veramente piacere
indicare in fondo all’ultima pagina dei singoli volumi, la
dicitura: “Foto, stampa, impaginazione e rilegatura, a cura dell’Autore”, come se il lavoro "uscisse" da una tipografia personale, improvvisata...
- Recapito presso le cognate Serafina e Lillina Randazzo, in Campofranco Via S. Francesco, 14.
- "3291956520" Tim
- Campofranco, 13-3-2013.
- La pagina
seguente, ultima del presente libro, mi fa oltremodo piacere dedicarla
alla cartina geografica di Casteltermini, Passofonduto e relativo
"Ponte a Sette Archi
- Questo lembo di
“Suolo Italiano”, quale che sia la località
“Passofonduto" di Casteltermini, ce la troviamo protagonista in
due distinti avvenimenti storici che portano "il Ponte sul Fiume
Platani" al centro di situazioni opposte.
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- Salvatore Panepinto
- Nota biografica
- Salvatore
Panepinto é un Maresciallo Maggiore Aiutante dei Carabinieri, in
pensione. Congedatosi nel 1988, lasciò l'Arma dopo 37 anni e 6
mesi di effettivo servizio. Il ruolo
di Sottufficiale (24 anni), lo iniziò dopo averne prestato 12 da
giovane Carabiniere e frequentato il Corso Allievi Sottufficiali presso
la Scuola di Firenze, uscendone col grado di Vicebrigadiere. L'intero
servizio, motivo di orgoglio che non tutti possono vantare pur facendo
parte alla medesima Arma, lo espletò presso le Stazioni
Territoriali, iniziandolo in Puglia e concludendolo in Toscana,
scrivendo molte decine di migliaia di atti, in massima parte diretti
all'Autorità Giudiziaria.
- Appassionato da
sempre alla scrittura, pur in pensione, si dedica volentieri alla
composizione di racconti, fra cui uno lungo per la verità ma
divisibile, riunisce particolari episodi risalenti all'epoca del
servizio in qualità di Comandante di Stazione, di cui prende il
titolo.
- Nella foto,
scattata 20 anni dopo il congedo, è constatabile sullo sfondo
una parte della meravigliosa Cinta Muraria Lucchese.
- Maturò le seguenti decorazioni:
-
.
Medaglia d'Oro Mauriziana al merito di 10 lustri di carriera militare
ed attestazione del lungo e meritato servizio nelle Forze Armate;
-
.
Medaglia d'Oro a conclusione della carriera militare, per il costante
esempio di disciplina ed alto senso del dovere ed onorata vita da
carabiniere;
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. Croce d'Oro per anzianità di servizio militare per aver compiuto 25 anni di servizio;
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. Medaglia Militare al Merito di lungo Comando per aver compiuto 15 anni di effettivo comando di reparto;
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. Medaglia Militare di Bronzo al Merito di Lungo Comando, per aver compiuto 10 anni di effettivo comando di reparto;
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. Croce per Anzianità di Servizio Militare per aver compiuto 16 anni di servizio militare.
- 6 – Fine
- Le precedenti puntate sono state pubblicate sui numeri: 483, Maggio - Giugno 2015; 484, Luglio - Agosto 2015; 485, Nov.-Dic. 2015; 486, Genn-Febbr. 2016; 487, Marzo-Aprile 2016.