Semi di senape
Alberi senza frutto
Nella breve Lettera di Giuda, redatta con stile pittoresco,
si trovano dei paragoni per descrivere le opere dei falsi dottori;
questi agiscono nelle comunità cristiane seminando errori,
vivendo nell’impudicizia e istigando alla ribellione.
L’autore sacro li chiama «alberi senza frutto, due volte
morti». Di seguito, si porta l’esempio di Enoch che viene
come profeta per «convincere tutti gli empi di ogni opera di
empietà» commessa dai falsi maestri.
Ora, la figura di Enoch era conosciuta nella letteratura giudaica; e il
Libro di Enoch è un testo apocrifo la cui redazione finale
risale al I sec. a.C.
Il libro ci è pervenuto nella versione etiopica; esso non fa
parte del canone ebraico e cristiano, ma nell’antichità
godeva di una certa fama, se non di rispetto. Non a caso la Chiesa
copta, presente in Egitto, ha accolto una parte del Libro di Enoch,
ritenendo che sia degno di fede.
E c’è una ragione. La seconda sezione del libro (i
capitoli 37-51) è chiamata Libro delle parabole; vi si trovano
riferimenti alla figura del Figlio dell’uomo che pone il giudizio
contro gli empi della terra. C’è dunque un’analogia
con la Lettera di Giuda.
C’è pure una parabola che riporta di un ingresso riservato
al «Capo dei giorni» il quale introduce gli eletti nel
nuovo ambiente; cioè, un nuovo cielo e una nuova terra; è
il Figlio dell’uomo che come vigile custode introdurrà i
veri discepoli nell’eredità.
Al tempo di Gesù, il nostro personaggio di fantasia –
Enoch – non era privo di credito; anzi, fra gli studiosi della
Bibbia si postula che Gesù abbia preso qualche spunto dal Libro
di Enoch per applicare a sé la figura del Figlio dell’uomo
come mediatore; anzi meglio, di sovrano e giudice.
Con il libro di Enoch l’immagine del Figlio dell’uomo
assume dei tratti messianici; ed è ben possibile che Gesù
ne abbia tratto ispirazione per presentare se stesso ai discepoli. In
altre parole, Gesù si presenta come nuovo Enoch; egli è
giudice regale per sedere sul trono di gloria ed avere la «somma
della giustizia».
Qui importa considerare che la vicenda di Gesù, maestro nella
verità e nella giustizia, abbia completato le immagini
già presenti nel Libro di Daniele.
È pure possibile che Gesù abbia attinto dalla letteratura
giudaica un tipico segno del suo tempo. Sì, è ben
opportuno a volte saper cogliere nelle dottrine religiose quei vestigia
Dei che ci confermano l’immagine piena e vera di Gesù
Cristo. (77)
Salvatore Falzone sac.