Semi di senape

Il sacerdozio regale

Gesù promette di essere in mezzo, quando due o tre si riuniscono nel suo nome (Mt 18, 20). Nel testo greco si ha una formula all’accusativo (eistòónoma), anziché al dativo. Adoperare l’accusativo implica che i cristiani si riuniscano al fine di stare alla presenza di Gesù.
È probabile che la costruzione con l’accusativo ricalchi una formula ebraica, come beshem; vale a dire un’espressione della letteratura rabbinica per esprimere che si vuol raggiungere una condizione di vita. Gesù prenderebbe in prestito una formula teologica ebraica; e riunirsi nel suo nome significa tendere ad uno stato di vita; anzi, al suo stato di re, sacerdote e profeta.
La circoncisione, ad esempio, era praticata dagli ebrei «nel nome dell’Alleanza»; e ciò significa «per far parte dell’Alleanza». Appartenere al popolo dell’Alleanza significa esercitare le qualità che Dio ha trasmesso; un popolo composto di re, profeti e sacerdoti, è una comunità che svolge funzioni regali sacerdotali e profetiche.
Nella Prima lettera di Pietro, al secondo capitolo, tali concetti sono sviluppati largamente. Grazie alla mediazione di Gesù Cristo re, sacerdote e profeta, tutti i fedeli associati al culto formano un popolo santo. In inglese si potrebbe dire: priesthood of allbelievers.
Si tratta del sacerdozio universale? sarebbe tale nella misura che tramite la mediazione di Gesù Cristo si ottenesse un sacerdozio comune a tutti i credenti di ogni religione.
In gioco c’è il sacerdozio regale (cf. 1 Pt 2, 9); tutti coloro che, chiamati nel nuovo popolo di Dio, elevano un sacrificio di lode, condividono la dignità regale di Gesù sacerdote ed apostolo (cf. Ebr 3. 1).
La Prima lettera di Pietro ha poi uno sviluppo. Coloro che, tenendo una buona condotta di vita, imitano Gesù, divulgano le “belle opere” di Dio. Le «mirabili gesta» del Signore Dio sono indicate con una parola greca che di solito si traduce con «virtù».
Secondo una traduzione inglese della Bibbia, pubblicata nel 1961, le virtù eccellenti sono i trionfi divini; in breve, nella lettera di Pietro i credenti con le loro virtù corrispondono a Dio; anzi, si distinguono perché imitano Cristo, e tutta la loro condotta diviene buona e giusta. Tale eccellenza di virtù è stabile in Gesù sacerdote, re e profeta. Per questo motivo senza il sacerdozio universale in Cristo, non avremmo nemmeno il sacerdozio comune di tutti i fedeli battezzati; e senza il sacerdozio regale non acquisterebbero valore le forme di mediazione salvifica che emergono in altre religioni.
Se non si sbaglia su quanto fin qui scritto, sarà più facile ammettere che in tutto il popolo cristiano si abbiano doni, carismi e virtù; ovvero, che laici o religiosi, vescovi o monache, catechiste o preti siano eccellenti nell’imitare Gesù. Già nell’ottobre 1963 il cardinale belga Suenens auspicava che il concilio esprimesse in una formula la dimensione carismatica di tutta la Chiesa e che anche i vescovi rivolgessero un’attenzione diligente e costruttiva ai carismi dei fedeli laici.

Salvatore Falzone sac.