Libri da leggere
Ritorno al paese che non c'è'
di Orazio Martorana
(Edizione Lussografica, Caltanissetta 2017)
Avvince la lettura del libro nella dolorosa memoria del paese natio che
l'autore, emigrato da molti anni, porta sempre dentro di sé con
implacabile nostalgia nella solitudine della metropoli. Indelebile la
nostalgica rappresentazione della fanciullezza allietata dagli
spontanei e liberi giuochi nelle strade del paese con le svolazzanti
galline e con il pigolio dei passeri, nella dimenticanza dell'incubo
della scuola dove si pretendeva insegnare con bacchettate e dure
punizioni che inducevano ad abbandonare la scuola perché "meglio
analfabeti che storpiati" [pag. 37]! Vivida la scena del lavoro
campestre nella assolata campagna della Sicilia dell'interno "...tra
aie festose e canti di uomini in paglietta..." nel "palpito" di una
"realtà bucolica" magnificamente evocata [pag. 2051. Tante le
persone del passato ricordate mirabilmente nelle frequentazioni, nei
sentimenti della vita quotidiana, nel tradizionale fatalismo siciliano,
nelle caratteristiche cadenze della parlata siciliana
dell'interno, accompagnata da tipici sguardi, gesti, pose che dicono
più delle parole, nonché da ironiche facezie molto
piacevoli.
Incanta l'amicizia di Ettore, Marcello, Armando (pseudonimo
dell'autore) uniti da profonda affinità di sentimenti e di idee
nell'esplorazione di costumi, usanze, abitudini, credenze della piccola
comunità. Indimenticabile Ettore, il contadino "dotto" e
"ribelle" che spiegava il senso dell'essere; Marcello che vestiva
l'abito talare e, con sapienza, citava i Vangeli e la Bibbia; Armando,
lo studente che ascoltava con stupore ed intima partecipazione.
Ammiriamo Ettore quando nei frequenti dialoghi peripatetici con gli
amici, a contatto con la natura, si sofferma sul valore della cultura,
che illumina ed eleva rendendo liberi, contro l'ignoranza e la
servitù, la passività e il nulla in cui vive il paese
lasciato dai migliori. Acuto il giudizio di Ettore sul sapere attinto
dai libri che, affinché non sia sterile, occorre rivivere con
l'osservazione diretta e personale della natura, della realtà.
Il giudizio fa riflettere Armando sulla inutilità di tanto
insegnamento scolastico e lo porta a ricordare con tristezza che al
liceo un compagno, Lino, "aveva rischiato di perdere un anno di studi e
di lavoro, perché non aveva saputo rispondere. ad una domanda"
su un aoristo![pag. 121] Argute le considerazioni filosofiche,
politiche, religiose, sulla chiesa, sulla fede di Ettore [pag. 94],
efficacemente inframmezzate dagli interventi appassionati di
Marcello, dalle profonde riflessioni dell'autore. Felice il
marchingegno di Ettore di farsi imprestare i giornali dal farmacista
per appagare il suo inesauribile desiderio di conoscere!
Amara, realistica -l'indignazione morale e sociale che Ettore ci
comunica contro la guerra, nello strazio dei lutti e dei
sopravvissuti,' "...quella di Mussolini..." [pag. 109] coi morti "che
morirono e soffrirono per niente" [pag. 105] preparata nelle adunanze
del sabato fascista con l'istruzione dei Figli della Lupa, dei Balilla,
e degli Avanguardisti, contro le guerre.
Nei discorsi di Ettore cogliamo la sofferenza, la pena di vivere della
povera gente, come nella pietosa vicenda di Apollonia costretta a
prostituirsi con Germana "per fame allo stato puro", per il bisogno di
"spingere avanti la figliolanza" [pp. 159, 160]; sentiamo la tragedia
del vivere, come nella storia di Concetta, Maria, Concettina, Rodolfo,
detto l'americano, minuziosamente narrata con finezza psicologica e
melanconico realismo nel quadro dei pregiudizi e maldicenze
dell'ambiente paesano e delle parole del prete, che non capisce il
significato religioso ed esistenziale del suono delle campane per i
popolani' Colpisce il linguaggio sentenzioso di Ettore, intriso di
lapidari proverbi siciliani, di icastiche parole ed espressioni
dialettali' del luogo, in meravigliosa interrelazione.
L'autore, oppresso dalla nostalgia, ritorna nel paese natale "minuscolo
e sperduto borgo della Sicilia centrale" [pag. 33]. Ma il paese sognato
non c'è più, è caduto nell'oblio. Il tempo antico
viene ritrovato nel solenne silenzio delle tombe, in meditazioni
metafisiche, che toccano, in un dialogo con il custode del cimitero,
reso più vivo da piacevoli battute e da appropriate rievocazioni
letterarie. Sofferta e precisa la descrizione della nuova realtà
del paese con le case vuote, pericolanti, le strade deserte, spopolato
dall'emigrazione, rimasto solo "con i moribondin e i morti,*come nelle
lapidarie parole del custode del cimitero [pag. 216] Angosciante e
scultoreo il ritratto di Giancarlo, il giovane che non conosceva il
valore della moneta nel vendere origano, capperi ed asparagi ed ora,
nella solitudine della follia, parla "...con la propria ombra cui
prodigo rivolge consigli e insulti [pag. 234]. Affligge il nitido
ricordo di Daniele, il taciturno contadino sempre triste, amato
dall'autore nell'infanzia, emigrato ed ora riconosciuto nella sembianza
del figlio nel funerale di Vittoria, la popolana morta disperata per
avere trascurato la madre a causa della "roba", essenza dell'esistenza
nel mondo contadino. Fa riflettere l'avventura delta corsa in
bicicletta a Caltanissetta, ricca di nostalgici sentimenti.
Colpisce l'episodio dell'armonium, che non si trova più nella
chiesa, e nessun giovane ha imparato a suonare perché nel paese,
chiuso nella nuova epoca materialistica e nel culto del danaro, mancano
la cultura, la spiritualità, come ribadito con forza nello
schietto discorso tra l'insegnante in pensione e i popolani.
Splendide le pagine sull'armonium e la chiesa di un tempo dove la
comunità viveva unita nell'armonia della musica e nelle
preghiere si eleva all'universale, all'eternità, a Dio.
Il tempo che fu viene ritrovato nel casuale ed inaspettato incontro con
Marcello che ha sciolto il sacerdozio dopo un drammatico travaglio
interiore. Impressionante, nella confessione della crisi di coscienza,
la maliziosa furbizia del prete, che fa pensare alla
irreligiosità dei siciliani espressa in caustici detti.
Commovente l'incontro tra Marcello e l'autore, che confessa di avere
imparato da Marcello "...più che dal catechismo e dalle omelie
dei preti nelle messe..." [pag. 2481. I due amici rivivono il tempo
passato con intensa nostalgia nel ricordo di Ettore, il loro maestro
che sapeva leggere con saggezza nella vita. Piace pensare che Ettore,
oggi, sarebbe molto contento di leggere il libro scritto da "Armando" a
testimonianza dei suoi insegnamenti. Ed infatti il libro scritto
è il libro che Ettore "...avrebbe voluto scrivere..." [pag.
256]. Magnifica la narrazione dell'incontro dei figli di Ettore e
Marcello con Armando (l'autore), che, entrambi, come medici, curano con
affetto in ospedale.
Termina il libro e il lettore torna a rileggerlo perché vi legge
se stesso, la vita reale di un tempo delle piccole comunità
dissolte, ma pur presenti, la storia umana, che soltanto la vera
letteratura sa rappresentare.
Monza, lì 3 settembre 2017
Avv. Giuseppe Duminuco
Orazio Martorana, avvocato, docente di lingua e letteratura francese
negli Istituti superiori e preside di Scuola Media (anche a
Campofranco), ha scritto: Ricordi: Il Novecento a Bompensiere, 1998;
C'era un Paese di gesso bianco, 1999, Premio Targa Cava De’
Tirreni; D'improvviso il vento si levò, 2000; Targa Premio
Città di Pompei, 2001, Diploma e Targa Vermeil di Pompei,
Menzione Speciale Premio Letterario Nazionale «Anteka
Erice» - Trapani; I voli leggeri della memoria, 2001; Primo
premio per la poesia, Portici-Napoli; Terzo premio per la prosa Cava
De’ Tirreni; Là dove più non scorre il fiume, 2003;
Premio Speciale della giuria “Il Golfo”, La Spezia;
Segnalazione di merito Osservatorio di Bari; Pari e Patta, 2004; Premio
targa, L’Iride; La vita così com'è , 2011; Quarto
classificato e diploma al “Pensieri in versi”, Accademia
Internazionale “Il Convivio” di Castiglione di
Sicilia; Vita di una maestra, 2012; Li quattru cantuneri e le altre
strade, 2013, Dissertazioni su Bompensiere; Epitome de rerum Naduri,
2013; Vita di una maestra, supplemento 2014: De hereditate o di l'amuri
tra soru e frati, 2014.