1943, Sicilia occupata o liberata?
In attesa della mostra a Sutera sul governo militare angloamericano


Ai primi di dicembre sarà inaugurata a Sutera una mostra sugli angloamericani in Sicilia tra il 1943 ed il 1945. Saranno esposti reperti di guerra, divise militari, documenti originali del governo militare alleato di occupazione (AMGOT) con le disposizioni impartite in tutta la Sicilia, nella nostra provincia e nel distretto del Vallone. Inoltre i giornali sia delle forze armate americane ed inglesi che di quelli regionali come Sicilia Liberata o Corriere di Sicilia.
Lo sbarco delle truppe anglo-americane sulle coste Siciliane del 10 luglio 1943, fu un piano di invasione che vide un dispiegamento di forze tra uomini e mezzi che fino a quel momento l’uomo non aveva mai visto ed attualmente rimane una delle operazioni più grosse mai messe in atto, seconda soltanto allo sbarco in Normandia che avvenne circa un anno dopo. La battaglia per la Sicilia fu l’ultima battaglia combattuta dal nostro regio esercito e non può essere chiamata guerra di liberazione e neanche definire gli anglo-americani “alleati” in quanto ancora nemici a tutti gli effetti, lo diventeranno infatti dopo l’8 settembre con l’armistizio di Cassibile.
A difendere l’isola tra truppe italiane (circa 200.000 unità) e forze germaniche si arrivava a circa 270.000 uomini, 265 carri armati, 1.500 aerei e migliaia di pezzi di artiglieria, non contando gli equipaggiamenti tedeschi. Facendo un piccolo focus su quello che avevano a disposizione gli italiani, la situazione appariva drammatica. I nostri cannoni molto spesso erano dei residuati della guerra in Libia del 1911, la maggior parte delle nostre truppe erano appiedate, e molti mezzi erano delle prede di guerra francesi e russe catturate su altri fronti e che ovviamente mancavano di pezzi di ricambio. Gli equipaggiamenti lasciavano a desiderare, la fornitura di cemento per le fortificazioni costiere non arrivava neanche al 10% del necessario. Un altro punto debole era dato dal fatto che molti militari di stanza sull’isola erano Siciliani di età avanzata richiamati alle armi, i nostri giovani migliori erano sparsi tra Russia e Balcani o prigionieri in Africa;  spesso i nostri fanti si ritrovarono a prestare servizio a pochi chilometri da casa, che ovviamente era un richiamo fortissimo specie quando si avvicinava il periodo del raccolto e la mancanza di un uomo, che era magari a presidiare un pezzo di costa dove non si muoveva foglia, si faceva sentire in quei periodi di tribolazioni.
Dall’altra parte dello schieramento, le truppe inglesi, americane, canadesi e marocchine (un contingente di circa 600 goumiers che rappresentava la Francia libera, e che si macchierà di crimini indicibili in tutta la penisola, usati in Sicilia dagli americani alla stregua di cani da muta che venivano letteralmente scatenati, infatti viaggiavano in catene su camion e durante le soste venivano chiusi in recinti altamente sorvegliati, per superare i punti più critici del fronte) potevano disporre di un esercito di 160.000 uomini, che ben presto divennero quasi mezzo milione , 5.000 aerei e più di 600 carri armati modernissimi per l’epoca, basta immaginare che chi si trovò sulle coste siciliane all’alba del 10 di luglio, avrebbe potuto contare approssimativamente ben 12000 imbarcazioni stracariche di uomini armi e mezzi che come obiettivo avevano soltanto quello di spazzare via qualsiasi cosa si trovasse tra loro e la totale conquista del territorio siciliano.
Per anni si è pensato che l’operazione “husky” sia stata una passeggiata militare e che chi era a difesa dell’isola e la popolazione stessa avrebbero accolto i “liberatori” con i fiori in mano. Ma si sa, la storia è scritta molto di rado dai vinti ed uno stato uscito a pezzi da una guerra disastrosa non poteva di certo vantarsi del fatto che le nostre divisioni di stanza in Sicilia si siano battute fino allo stremo lasciando sul campo più di 10000 soldati (le perdite alleate furono 6000 all’incirca).
Quello che diede l’impressione, all’opinione pubblica, di una mancata difesa della Sicilia fu, in ambito militare, la scarsità di materiali e mezzi e il fatto che i nostri soldati, in alcune situazioni, rimasero insepolti, e si preferì pensare che essi disertarono in massa piuttosto che accettare il fatto che le loro spoglie vennero dimenticate nei campi anche dopo l’armistizio. È emblematica la storia di un giovane tenente carrista, poi decorato medaglia d’oro, che venne pietosamente seppellito da gente di Gela e che nel dopo guerra fu riportato nel suo Lazio a dorso di mulo dal padre, senza nessun aiuto da parte delle autorità.
In ambito civile invece la disperazione del periodo fece aggrappare la popolazione a qualsiasi segno di cambiamento, che fosse stato dato dagli Americani, dagli inglesi o da qualsiasi altra forza occupante poco importava. I razionamenti, le privazioni e soprattutto i bombardamenti, questi ultimi ormai andavano avanti da più di due anni ed avevano dato alle città siciliane il triste primato di essere le prime del mondo a sperimentare la guerra psicologica moderna, che consisteva in bombardamenti indiscriminati su obbiettivi civili e militari, basta pensare che in una sola notte il quartiere popoloso della Magione a Palermo, venne completamente raso al suolo, tanto che adesso è soltanto un’immensa piazza.
Nel nostro Vallone la guerra era già nell’aria prima del 10 di luglio ma fu verso il 16 che iniziarono ad arrivare i primi soldati Americani del 30° fanteria insieme alla 2a divisione corazzata , preceduti dagli immancabili marocchini. Ad attenderli in località “passo funnuto” vi era una nostra postazione di artiglieri che non esitarono a difendersi strenuamente, fino a che durante la notte cercò il ripiegamento su Acquaviva dove l’indomani si sciolse.
Appuntamento dunque a Sutera, in dicembre. per chi ama la nostra storia.

Peppe Insalaco