Semi di senape
Custode della Chiesa locale
C’è una luce particolare, tipica
del tempo natalizio; gli angeli apparsi a Betlemme circondano di luce i
pastori; poi, nella trasfigurazione Gesù risplende di luce
divina.
Nel libro dell’Apocalisse si presenta un fiume luminoso come un
diamante pure; l’acqua fluente è il simbolo della vita che
sgorga dal trono di Dio. La città dove Dio regna è
prospera; luce e acqua, generate dall’alto, annunciano il
giudizio che ricapitola tutto, e la giustizia divina, applicata in modo
coerente nella Gerusalemme celeste.
Fra gli amici del Signore Gesù viene ricordato Giovanni
Battista: profeta di fuoco, come luce ardente e splendente. È
presentato nei vangeli come l’amico dello sposo, il testimone di
verità e di giustizia. Egli è custode della rivelazione.
Con la successione apostolica sono i testimoni delle comunità
locali a divenire simili a candelabri che ardono e illuminano. In Ap
11, 4 due testimoni sono paragonati a due candelabri; essi sono custodi
del santuario divino. È simbolo delle Chiese locali ciascuna
delle quali ha un suo testimone e sorvegliante. Quest’ultimo
è figura del vescovo, nella forma che oggi è divenuta
canonica.
Il vescovo è il custode, l’amico dello sposo. Molta enfasi
si è accumulata sull’immagine del vescovo come sposo della
Chiesa locale; più solida ci sembra l’immagine del
testimone e amico dello sposo, che è poi Gesù Cristo di
fronte alla Chiesa, sua sposa.
Il vescovo è colui che come pronta sentinella sorveglia la
comunità ecclesiale affidatagli e solleva lo sguardo al cielo
eterno, indicando a tutti la comunità esemplare, permeata di
grazia. La Gerusalemme eterna è la città dove la rugiada
che vi si posa, è luminosa.
In un passo della Prima lettera di Pietro Gesù è
presentato come colui che guida: se prima eravamo erranti come pecore,
ora nella Chiesa si torna al pastore e guardiano delle nostre anime
(cf. 1 Pt 2, 25).
Colui che è vescovo delle anime è pure guardiano della
luce; il suo modello è Gesù che spunta «come sole
che sorge dall’alto». Gesù è in grado di
svolgere un’ispezione amorevole per il bene della Chiesa, locale
e universale; può visitare e turbare, ma non viene a giudicare
gli uomini per avvilire o denigrare.
Potremmo dire così: Gesù, pastore dei pastori, è il tedoforo dell’olimpiade cristiana.
Se ai successori degli apostoli, considerati quali vescovi nelle prime
comunità ecclesiali, sono seguiti testimoni e sorveglianti meno
degni di loro, questo è pure un mistero che caratterizza la
Chiesa. Sin dall’inizio Gesù l’ha stabilita
indefettibile, in base alla promessa fatta a Pietro, ma non separata
dai peccatori, come risalta dall’esperienza avuta con Giuda il
traditore.
A volte la sorveglianza può divenire per un vescovo anodina
amministrazione; a volte la vigilanza può divenire premurosa
custodia. L’esame si potrebbe fare prendendo il testamento
spirituale che l’apostolo Paolo consegna agli anziani di Efeso.
Ogni vescovo – ci auguriamo – possa dire così:
«dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa
riguardo a coloro che si perdessero, perché non mi sono
sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio.
Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo
Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che
egli si è acquistata con il suo sangue». (At 20, 26-28).
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Sac. Salvatore Falzone