Semi di senape
Onori ed oneri
Uno scrittore
medievale ci ha lasciato un commento esegetico al vangelo di Matteo.
Rabano Mauro, ad un certo punto, afferma che il cristiano autentico
abbia un duplice obbligo: non sottrarre le sostanze altrui e
amministrare il frutto delle proprie fatiche. Il patrimonio era
considerato honor et onus. Con un linguaggio corrente si direbbe che
Rabano guardava al risvolto etico e sociale della ricchezza.
Rabano, vissuto fra VIII e IX secolo, in piena rinascenza carolingia,
era abate di Fulda; poi è diventato arcivescovo di Magonza.
Proveniva da famiglia aristocratica e per venti anni diresse la celebre
abbazia di Fulda. Ebbe cura di ricostruire gli edifici monastici e di
promuovere la cultura ecclesiastica. In particolare volle potenziare lo
scriptorium dove ad opera dei monaci venivano trascritti i testi
classici.
Abati e vescovi del periodo carolingio-longobardo si trovavano inseriti
in un sistema economico e politico che offriva vantaggi e privilegi, ma
anche pesanti oneri da portare. Non sono stati pochi i casi in cui gli
abati dovevano reclutare soldati. Nei vari possedimenti dei monasteri
lavoravano tante famiglie, di solito riunite nelle fattorie agricole.
In base ad accordi fra re e feudatari, vassalli e abati, principi e
vescovi, anche dai monasteri si reclutavano giovani, presi dalle
grange, e inviati alle schiere imperiali.
Re e maggiorenti della corte erano patroni laici dei possedimenti
monastici e da qui prelevavano quanto serviva loro. Si davano pure casi
in cui il vescovo, compiendo la visita canonica nei comuni e nelle
parrocchie, faceva applicare le leggi della Chiesa e richiedeva
contributi economici. Poteva finanche reclutare uomini per le chiese in
via di costruzione. «Ristorare le fabbriche» era un impegno
di tante nascenti città, specialmente se un vescovo vi teneva la
sua sede. Vescovi e abati, in un certo senso, erano amministratori del
regno.
L`honor si stimava in base alla consistenza patrimoniale di cui godeva
una persona altolocata. La persona che rappresentava un casato godeva
di rispetto in quanto egli stesso faceva fruttificare i beni di
famiglia. Egli si sentiva chiamato a produrre un bene utile agli altri.
Sul modello di Dio creatore e signore, il dominus era colui che sapeva
trasformare la fatica in opera e le opere in produzione artistica. In
breve, un possedimento era inteso come un bene sociale, da portare
avanti per il proprio benessere e da far fruttificare per il vantaggio
delle varie aggregazioni di arti e mestieri.
Chi dirigeva un monastero aveva il compito di far progredire le
conoscenze di agricoltura e di allevamento. Se il progresso economico
dei monasteri incideva molto nel tessuto sociale, era in quanto
incombeva ai monaci di provvedere alla ridistribuzione delle ricchezze.
In tal modo i monasteri con la loro rete di opere, cantieri edilizi e
aziende agricole, fornivano sia beni, sia conoscenze.
Sac. Salvatore Falzone