Giovanni Galante, il nonnino di Montedoro ci ha lasciato
A Montedoro, il 10 settembre, sono stati celebrati, dal parroco Don Salvatore Asaro, i funerali per lu zi Giuvanni Galante il più anziano del paese, il nonnino di 96 anni.
Giovanni Galante, è nato a Montedoro il 6 febbraio 1922, figlio di Vincenzo e Angela Virgadaura. Suoi fratelli: Giuseppe, Salvatore, Emanuele, Cristina, Girolama, Maddalena. Ha frequentato le scuole elementari a Montedoro con gli insegnanti: Giosuè Pappalardo, Luigi Guarino e Concetta Amico. Ha fatto parte, come tutti, dei Balilla con gli istruttori Salvatore Messana e Paolo Piccillo, poi come giovane fascista frequentava il premilitare con responsabili Giuseppe Galante e Faustino Montagna che oltre alla ginnastica, ogni sabato, praticava il Tiro al Monte Ottavio con i militi Carmelo Duminuco, Giuseppe Di Prima, Antonino Montagna.
Giovanni Galante, nell’ambito della chiesa, ha frequentato le varie classi di catechismo e, dopo, il Circolo giovanile San Vito, con assistente padre Calogero Piccillo e Presidente Giuseppe Saia. Ricordava, con tanto piacere, le escursioni nelle varie contrade del territorio circostante e le feste dell’Immacolata con la “tavuliddra” con i compagni e la notturna mariana per le vie del paese.
Nel 1943 viene arruolato nell’Aereonautica militare e destinato a San Severo di Puglia, dove frequenta il corso di autista. Dopo l’otto settembre insieme ai commilitoni sbandano e vanno a finire nelle campagne di San Giovanni Rotondo in una casupola piena di armi che distribuiscono ai compagni. Poi si recano al convento di Padre Pio dove i 400 militari ricevono un piatto di pasta preparato da tanti volontari. Diverse volte Giovanni ha mangiato insieme al vecchio padre di Padre Pio. Mentre andavano per la campagna questi militari avvistano un albero di fichi e cominciano a raccogliere e a mangiare. Una vecchia comincia a gridare contro questi soldati che mangiavano i fichi. Alcuni dei soldati rispondono alla vecchia:” Deve avere un po’ di comprensione e pensare che se ha dei figli alle armi si possono trovare nelle stesse situazioni di fame.” La donna cambia specie e prepara per i soldati una grande frittata e li fa mangiare ed infine dice: “Domani dovete venire di nuovo!” I soldati più o meno a gruppi, e Giovanni ed altri tre commilitoni trovano il passaggio in un carretto e, vanno verso San Marco in Lamis: 15 soldati meridionali e 15 soldati del settentrione quando vengono mitragliati da uno Stukas ma hanno la destrezza di ripararsi sotto un ponte.
Prigioniero a San Severo in un ankar in 4 si nascondono e saltano il reticolato. Ritornano due soldati tedeschi uno dei quali con un dito fasciato Giovanni si presta a rinnovargli la fasciatura ed il tedesco lo ringrazia battendogli la mano sulla spalla.
Ha avuto l’opportunità di parlarne con un cappellano militare tedesco che gli ha risposto: “I tedeschi sono come gli italiani, buoni e cattivi.
Poi i tedeschi dicono: “papà! mamà!” facendo il segno con la mano e li lasciano scappare sul Gargano dove scoppia un incendio nel deposito di carburante con grande pericolo per la vita. Poi, Giovanni e i commilitoni a piedi traversano la Puglia e la Calabria.
A Palmi in 4 su una barca raggiungono Bagnara e poi Villa San Giovanni. Incontra il compaesano Salvatore Morreale (Totò Murrialiaddru) che come cibo ha una noce ed un po’ di pane che condividono così come l’acqua. Galante e Morreale incontrano dei pescatori e si mettono in mare su di una barca alla quale si è aggrappato gridando aiuto Cappalonga di Mussomeli. I due tirano su il mussomelese. Su dei legnami c’è Antonino Terrana di Racalmuto. Mentre sulla spiaggia in una barca c’erano tanti militari aggrappati che volevano salire in barca tra di loro Peppi Santuzza Sciandra che ritornava dalla Russia e voleva dare ai pescatori un orologio per dargli un passaggio sulla barca mentre quelli volevano 300 lire. Poi, tre ragazzi a nuoto e altri 4 persone per 150 lire a persona. Uno di Naro era senza soldi e offre le scarpe ma i pescatori non ne vogliono sentire perché vogliono solo soldi. Allora tutti i soldati che si trovavano sulla barca hanno messo dei soldi e li hanno consegnati ai barcaioli e così sono arrivati a Messina. Alla stazione ferroviaria Giovanni e gli altri salgono sul treno 626 che andava a Taormina pagando il biglietto di 5 Lire. Si imbattono nell’Autocolonna USA e Giovanni, Santuzza e gli altri chiedevano sigarette quando un soldato americano gli dice: ”Si babbu o foddri?” facendo capire che era di origine siciliana e offrì loro le sigarette e qualche tavoletta di cioccolata.
Poi incontrano una Jeep con rimorchio inglesi e vi saltano su. Il soldato estrae la pistola e li minaccia di scendere.
Riprendono il treno Catania-Enna dove si ferma con gli altri commilitoni raccolgono i fichidindia nelle scarpate vicine. Poi proseguono a piedi fino a Caltanissetta quindi prendono l’autobus della ditta Amico Roxas e raggiungono Montedoro il giorno 8 ottobre 1943.
Accoglienza calorosa dei parenti e degli amici che gli chiedevano notizie sulle peripezie passate sotto le armi. Dopo qualche giorno riprese il lavoro quotidiano in campagna.
Nel 1946 Giovanni Galante viene richiamato per il completamento della ferma militare per 8 mesi a Palermo presso il comando dell’aeronautica vicino la stazione ferroviaria. Ogni volta che a Boccadifalco arrivavano delle autorità governative andavano a prestare servizio di scorta. Ricorda il Principe Umberto e poi De Nicola il primo Presidente della Repubblica dall’aspetto burbero, Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio molto affabile con i militari in servizio.
Ritorna a Montedoro a lavorare in campagna: Catalano, Mintina, Cappiaddru d’azzaru, Albanello.
Giovanni Galante il 28 ottobre del 1953 sposa Consiglia Genco dalla quale ebbe tre figli: Angela, Enzo, e Tiziana.
Così Giovanni si dedicò alla coltivazione di Ligamaro dove c’è una robba. Coltivando alberi da frutto, ortaggi, mandorle, e un vigneto che estirperà nel 2002. Cura un alveare che arriva a produrre 3 quintali di miele. Il dottore Tortorici aveva due vasciaddri che gli producevano 60 chili di miele.
Nel 1976, un incendio nella zona di Ligamare, scoppiato nell’ appezzamento limitrofo di Calogero Salvo, per incuria di Buzzichinu, distrugge tanti alberi ed anche il grande alveare di Galante.
Nel 2010, all’età di 88 anni, lu zi Giuvanni, per volere dei familiari, viene costretto a non dedicarsi attivamente alla coltura di Ligamare, ma tutte le volte che il figlio Enzo si trovava a casa o un amico era disponibile, si faceva accompagnare nella terra che aveva coltivato per circa 50 anni. Giovanni Galante patito di storia e di geografia quando si incontrava con gli amici a volte chiedeva: ”Mi sai dire la lunghezza del fiume ...?” oppure: “Mi sai dire come si chiama la capitale del ...? Ecc. Dotato di una memoria fervida raccontava con dovizia di particolari eventi di quando era ragazzo oppure recitava versi in siciliano degli stornelli che si cantavano durante la mietitura. Trascorreva alcune ore incontrandosi con altri anziani raccontando fatti ed avvenimenti che arrivano a 70 anni addietro: di certo costituiva una delle memorie più importanti di Montedoro.
Alla fine dell’agosto 2018 Giovanni Galante e la moglie Consiglia Genco vengono ricoverati a Milena. Dopo qualche giorno “lu zi Giuvanni” viene ricoverato all’ospedale di Mussomeli dove l’8 settembre spira assistito dai familiari. I funerali vengono celebrati a Montedoro nella chiesa Santa Maria del Rosario il 10 settembre 2018 con la partecipazione di parenti e numerosi amici.
Lillo Paruzzo