“LA PAROLA” – 7
Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.
Confrontandosi con la Parola di Dio si avverte che il debito - anzi i debiti, al plurale - non è soltanto questione di precise trasgressioni della legge, che pure ci sono: e le molte omissioni? Per esempio Il padrone della parabola dei talenti esige più di quanto ha dato: ma condanna il servo perché pigro e dimissionario, non perché particolarmente cattivo: non ha sperperato, ma semplicemente perché non ha trafficato. E ad essere tagliato e bruciato è l’albero che non porta frutto (Lc 13,6-9). Bastano queste poche annotazioni per dirci che la domanda del Padre Nostro mette in questione l’uomo nella sua interezza. In questione è lo slancio in avanti verso Dio («con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze»), non soltanto il male che si fa. “Rimetti a noi i nostri debiti” La domanda che facciamo al Signore esprime la richiesta a di perdonare i nostri peccati allo stesso modo come noi li perdoniamo agli altri. La nostra salvezza, pertanto, è vincolata al perdono che usiamo verso gli altri. Dio avrà misericordia di noi soltanto se noi l’avremo verso il prossimo: “Se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6,15). I nostri peccati sono considerati come debiti e i debiti vanno pagati, i nostri peccati devono essere riparati: con atti di carità, col perdono verso chi ci ha offeso, con l’elemosina, col soccorso ai deboli e ai sofferenti, con l’accettazione della sofferenza.
In questo modo Gesù ci insegna a riparare al male facendo il bene. “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” ci dice San Paolo (Rm 12,21). La risposta istintiva all’offesa è la vendetta, che è un atto che alimenta l’odio, la divisione e la violenza. Il perdono, invece, è un’opera di pace, un atto che ci libera dall’odio. Perdonando diventiamo operatori di pace e di riconciliazione. Perdonare, tuttavia, non è la semplice rinuncia alla vendetta, il chiudersi in se stessi, evitare ogni rapporto con chi ci ha fatto del male, ma è offrire amore in risposta all’offesa, dare all’altro la possibilità di ristabilire un’amicizia interrotta. rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori
Imploro la Tua misericordia, conscio che essa però non può giungere al mio cuore, se non so perdonare anch’io ai miei nemici, sull’esempio e con l’aiuto di Cristo. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. La quinta domanda del Padre Nostro non si limita a chiedere il perdono di Dio, ma allarga il discorso aggiungendo: «Come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Il perdono di Dio e il nostro perdono ai fratelli sono dunque legati da un “come”. Certamente questo “come” non significa che il nostro perdono costituisca la ragione, la misura e il modello del perdono di Dio. Sarebbe un modo capovolto di guardare Dio! Il suo perdono precede sempre il nostro, incondizionato, gratuito e senza misura. Tuttavia il “come” pone fra i due perdoni un legame stretto e decisivo. Lo ribadiscono diversi testi evangelici. Per esempio Matteo in una sorta di breve commento allo stesso Padre Nostro. Fra tutte le frasi che poteva scegliere da commentare, ha scelto proprio la nostra: «se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (6,14-15).
“Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”, richiamiamo alla nostra attenzione che dobbiamo chiedere e fare per meritare di ricevere questa grazia (S. Agostino). Quanto stiamo per comprendere è una cosa importantissima perché cambia completamente il nostro rapporto con gli altri, che sono nostri fratelli. Gesù ci dice di perdonare i nostri nemici, è una cosa molto difficile da realizzare, ma ascoltiamo cosa dice Gesù dalla Croce:” Padre perdonali perché non sanno quello che fanno” Questo suo comportamento è l’insegnamento che Gesù ci dà, perché anche noi quando qualcuno ci offende noi dobbiamo innanzitutto cercare di comprenderlo, poi pregare per lui e dimenticare l’offesa come Dio perdona i nostri peccati e li dimentica. “Non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male” Continuiamo con le nostre richieste al Signore; indurre in questo caso non è il senso che sembra significare. Dio non ci spinge verso la tentazione, ma a volte le permette per darci l’occasione di vincerle sempre con il suo aiuto. Il tentatore non è Dio ma il demonio, egli ci confonde le idee che il male è bene. Con il prossimo articolo concluderemo questa riflessione del PADRE NOSTRO. Molto importante per noi perché pregare non vuol dire ripetere solo parole ma comprendere ed elevare al signore.
Diac. Vincenzo Esposito