Semi di senape

Fabbricar la casa eterna
Una recente esperienza di catalogazione di beni storici, architettonici e artistici ha messo un’équipe di fronte ad un passo della Lettera agli Ebrei: «ogni casa è costruita da qualcuno, mentre chi ha fabbricato tutte le cose è Dio stesso» (Eb 3, 4).
I catalogatori della fabbrica ecclesiastica, prossima a compiere i 250 anni dalla sua ultimazione, hanno creduto giustamente, ciascuno per la sua parte, di realizzare qualcosa di eccezionale. L’opera di chi ha guidato il progetto è stata una forma di sovrintendenza, simile a quella dei capimastri. Al termine dell’impresa si è reso manifesto che l’opera umana è transitoria, al più è immagine di quella divina. Solo l’opera di Dio è degna di piena ammirazione.
In molte persone, soprattutto quando mettono su famiglia, c’è l’aspirazione a costruirsi una casa. Ad esempio per molti meridionali italiani è una sorta di status symbol; non a caso l’ospite che càpita in una costruzione portata a termine, viene condotto in giro nelle varie stanze, mentre l’anfitrione squaderna i motivi per cui è così fiero. In tali casi ci si deve chiedere: qual è il disegno di Dio? sto operando secondo la sua volontà?
Le costruzioni umane non sono eterne. Càpitano temporali violenti, si verificano crolli, e talvolta terremoti. Gesù ci richiama a non dedicarsi troppo ai cantieri terrestri, se compromettono l’anima e la coscienza, chiamate dal giudizio di Dio ad alloggiare di per sé in una dimora eterna. Tutto il lèssico del Nuovo Testamento annuncia tale paradosso: la vera roccia su cui costruire è solo Gesù Cristo.
In particolare vediamo Eb 8, 5 (che cita Es 25, 40): vi è un typos, ovvero il protòtipo celeste a cui Mosè, nei panni di architetto, si riferisce al fine di costruire, anzi portare a compimento, il tabernacolo. Nella Lettera le considerazioni sul cantiere ecclesiastico sono inserite nel contesto della teologia escatologica. Il santuario terrestre di Eb 9, 24 è solo segno di una dimora transitoria, mentre l’immagine celeste, originale ed eterna, di Eb 8, 5 (nonché l’icona cui si accenna in Eb 10, 1) vale come annuncio di beni futuri messianici.
Per essere più chiari: se Adamo è stato il typos di quello venturo e stabile, il nuovo Adamo non può che essere Gesù, il Messia. Adamo però (e in lui ogni costruttore) ha peccato e l’esemplificazione che riguarda Adamo non è duratura. Cristo invece è senza peccato e Lui si conferma come il protòtipo di ogni progetto umano.
Per concludere: il costruttore eterno in cui riporre le speranze è Gesù e ogni opera terrestre (anche l’Opera del Duomo, che si trova nelle maggiori città d’Italia) ha senso se diviene immagine credibile del Regno di Dio. (90)
Salvatore Falzone sac.