In ricordo del nostro Lillo Paruzzo
Trentatreesimo Canto
(A Maria Vergine)
Il navigante che la sua nave vede
sommersa d’onda tanto alta eretta
e resta di gran furia alla mercede,
o il pescatore che le reti getta
e quando le ritrae il pesce vede
che non nella rete ma nel mar saetta,
allora l’uno irato a imprechi cede
e l’altro alti i remi chiama la sorte:
la loro pena nella sfortuna ha sede.
Il cielo all’improvviso apre le porte,
la nera nube al sole ruba un raggio,
scompare la paura ch’era di morte.
Azzurra appare in ciel come miraggio
una figura con le braccia aperte,
un manto la ricopre ed in omaggio
offre una rosa, e con movenze certe
sembra invitare il navigante irato
a mite consiglio e ad altre scelte.
Sbattuto dalle onde qua e là tirato,
il forte vento all’improvviso cessa,
la barca torna dritta e lui bagnato
la celestial figura in alto fissa;
e sul suo legno un ginocchio piega,
in preda a timore ed in paura versa.
Al cielo guarda e non al Padre prega,
e manco al Figlio che dal Padre viene,
nella Madre del Figlio umil s’annega:
“Vergine madre che del ciel detieni
le chiavi del cuor di Padre e Figlio
e che ogni grazia dal tuo cuor proviene,
le preci ascolta di chi a Te consiglio
con animo puro fiducioso implora.
Tra le tue mani un dì posero un giglio,
simbolo di purezza che in Te onora
di verginità miracolo e candore.
E grande fu il miracolo se ognora
incredibile appare un sì splendore
che le Sacre Scritture han decretato
e gli uomini di fede fan con amore.
-Ineffabilis Deus- un dogma è stato
che il Papa Pio nono ha sostenuto
essere esente da original peccato.
Anche se la Chiesa ha convenuto
essere per decreto Immacolata,
lo sei e lo sei stata in assoluto.
Regina del cielo sei tu invocata,
in te negli occhi leggono dolcezza
e di speranza sei la più evocata.
Regina di pace, e con fermezza,
implorano i fedeli e tutti quanti
s’affidano a te con gran certezza.
A te han fatto appello Papi e Santi,
-Totus tuus- Wojtyla si dichiarava,
la piazza piena di pellegrini oranti.
Appellativi e titoli, bellezza rara,
il mondo ha coniati a non finire,
suppliche e preghiere il bimbo impara
e giubila al pensier che deve dire
invocando di Maria il nome santo,
ripete e declama da impazzire.
-Magnificat- fu di Te il primo canto
di gioia verso Dio e ringraziamento,
bontà, salvezza e lode, non di pianto,
quando di Galilea piccola a stento
immensa fanciulla in grazia fosti
col gran mistero del concepimento.
Quanti poeti pii e santi e tosti,
han declamato tue virtù e bellezza,
richiamo del cuor in mente posti!
Cantici e laudi inneggian tenerezza,
nei secoli in ardenti invocazioni
in tuo nome reclamano carezza.
Jacopone, Petrarca, Dante, Manzoni,
Lorenzo il Magnifico e altri ancora
hanno idealizzato loro emozioni,
mentre pia creatura, che fede implora,
la tua effige vede, in mano un giglio,
dei tuoi messaggi al mondo fa corona.
Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,
umile ed alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio
Così esprime Dante tua natura,
nella Commedia che diciam divina,
tu togli l’uomo dalla selva oscura,
via maestra per esser come prima,
necessaria per tornare a Dio e Cristo
e contemplar l’essenza una e trina.
Allegra nella grotta a timore misto
Giuseppe e un bambino avvolto
pastori e Re Magi t’hanno visto,
e poi dolente, lacrimosa in volto,
in braccio tuo figlio sotto la croce
a cui la breve vita avevan tolto.
Mater dolorosa- senza più voce
in lacrime stavi, il cuor trafitto
d’acuta spada, dal dolor atroce.
Famosi pittori hanno descritto
le tue pene ed il tuo gran dolore,
come Tiziano, Perugino e Giotto,
anche la tua luce e tuo splendore,
assunta in cielo sì come conviene
alla madre di Cristo redentore.
La tua bellezza sol narrata viene,
ma sempre i pittori hanno esaltato
il tuo sorriso e le fattezze amene.
Antonello da Messina è stato,
con Tiepolo, Botticelli e Raffaello,
uno dei tanti che a te lustro ha dato.
A te si volge chi come fuscello
in balìa del mare fa naufragio,
o chi la vita vede come fardello.
Allor che sia dicembre oppure maggio
ascolti la sua prece od il lamento,
e sempre a lui giunge il tuo messaggio.
Basta un sorriso e lui è già contento”.
Federico Messana
(da Commedia 2000 Dante Alighieri si sveglia da un lungo sonno, Edizioni Raccolta Civica – Montedoro)