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Seme di senape
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Spirito della grazia
- Continuando la riflessione sulla grazia
divina, l’attenzione è rivolta adesso al mistero della elezione.
Si parte dal grave monito: «guai a chi avrà oltraggiato lo Spirito
della grazia!» per essere ricondotti al pentimento.
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Nella Bibbia la coscienza implicita di
essere un popolo eletto è per il popolo d’Israele un dato
acquisito da lungo tempo. Tuttavia è da notare che il lessico che
esprime l’elezione di Israele è relativamente recente.
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Le testimonianze bibliche attestano la
continuità di un disegno. A volte l’erede naturale o il candidato
istituzionale non è confermato all’interno dell’elezione divina,
come nel caso di Sebna, maggiordomo di palazzo, a cui sono tolte le
chiavi (cf. Is. 22, 19-23). C’è sempre, dietro le cronache sacre,
il mistero di Dio che opera liberamente e rimane fedele alle sue
promesse.
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Sul piano personale, una volta scelto
l’eletto, questi si trova in una condizione di privilegio e in un
certo senso viene separato dai suoi pari. La Sacra Scrittura ci fa
intendere che egli rende i suoi fratelli come servi. Questo fenomeno
appare evidente nel ciclo del patriarca Giuseppe.
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Gli ultimi capitoli del libro della
Genesi danno risalto alla storia del giovane che i fratelli maggiori
avevano venduto a mercanti diretti in Egitto. Di là poi Giuseppe,
divenuto primo ministro delle risorse statali, governa la sorte dei
fratelli che nel bisogno riparano in terra straniera per acquistare
frumento.
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Nel Nuovo Testamento il mistero di
elezione viene confermato e ricapitolato; anzi, il mistero di Gesù
Cristo ne è piena rivelazione.
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E colui che non è scelto, viene
rigettato? Giuda il traditore, per esempio, è respinto per sempre da
Dio? Sembra di sì. Gesù l’ha chiamato figlio della maledizione.
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Il rigetto dei colpevoli indegni non
intacca comunque le promesse divine. Dio è sempre pronto a
riconoscere i suoi figli pentiti. Nei vangeli si esplicita che
l’eletto, cioè Gesù Cristo, non conosce i «suoi»; anzi meglio,
li disconosce. Il Signore Gesù, giudice, quando giunge la sua ora
finale, dirà: «non vi conosco».
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È vero che si tratta di insegnamenti
che gli autori sacri inseriscono in una precisa cornice letteraria;
ovvero, si tratta di discorsi escatologici. Il giudice divino però
ha autorità per porre un grave e ultimo avvertimento che serve a
scuotere le coscienze.
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Nel capitolo decimo della Lettera agli
Ebrei troviamo l’esortazione a perseverare nella fede. Chi si
sottrae alla fedeltà a Cristo, un terribile giudizio l’attende. Si
dice pure: «chi avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà stimato
cosa volgare il sangue dell’alleanza…», conoscerà la vendetta
di Dio (cf. Ebr. 10, 29-30).
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Salvatore Falzone sac.