Favi Amari, il libro del lungo viaggio del cantastorie Nonò Salamone

Da agosto 2020 si trova in libreria la biografia di Nonò Salamone, come quarto volume della collana “potrei scrivere un libro” della nissena Lussografica.

Autore è Michele Burgio, un professore trentottenne di Serradifalco che insegna lettere nelle scuole superiori di Palermo, dove vive con la famiglia. La sua scoperta del Cantastorie suterese parte, incredibilmente, da un non incontro. La madre voleva portarlo al teatro Margherita di Caltanissetta, ad assistere ad uno spettacolo di Nonò con la sua scolaresca. Il nome di Nonò Salamone era troppo ordinario, poteva essere un idraulico o un elettricista. E pertanto, dall’alto dei suoi 15 anni di ginnasio, decise di non andare. Lo scoprirà un paio di anni dopo in libreria comprando il volume Sutera. La tradizione musicale di un paese della Sicilia. L’ascolto lo spinse ad andare al suo primo concerto a Mussomeli e sentendolo cantare Lu trenu di lu suli cominciò ad amarlo e detestarlo “per la sfacciataggine con la quale mi travolgeva, mettendomi … in difficoltà davanti agli altri spettatori”. Ma alzati gli occhi si accorge che, oltre a lui, piangeva anche chi gli stava accanto.

Su questa capacità di non essere solo voce narrante ma partecipe del dramma che racconta, di emozionare ed emozionarsi, torna ancora Michele Burgio alla fine del libro riconoscendogli quello che lo rende unico, e forse irripetibile, nel panorama musicale contemporaneo. Ma che faceva arrabbiare Pier Giorgio Gili, regista torinese, quando lo trovava in lacrime alla fine di uno spettacolo e nonostante gli applausi del pubblico gli diceva che il cantastorie doveva essere come un giornalista, uno che racconta, un veicolo che trasmette emozioni, ma senza farsi coinvolgere.

La storia di Nonò è raccontata in ordine cronologico, dalla infanzia al ritorno definitivo in paese dove lo attende l’ultimo scorcio di vita. La sua prima esibizione pubblica è in chiesa, dove padre Carruba a Natale gli affida il canto della “terza lezione”. Poi ad undici anni il maestro Sciarratta lo porta in giro con suo complessino nei paesi del Vallone. Intanto il fratello Michele è emigrato in Germania;  ma Nonò a 17 anni sceglie Milano, realizzando quello che aveva già anticipato nella sua prima canzone: “mamma mia mi nni vàiu a travagliari unni coddra lu suli e t’àiu a lassari cu tantu duluri”. Vari lavori, pochi guadagni, qualche soddisfazione musicale nelle discoteche. Quando il fratello Michele si accorge della vita reale che conduceva, se lo porta immediatamente a Dillingen. Nonò alterna il lavoro, ora regolarmente pagato, alle esibizioni con il gruppo dei The Red Devils. Ma non vi resterà a lungo, prevale il desiderio di tornare e crearsi un lavoro per Sutera nuovo, quello di lucidare i pavimenti di marmo con una levigatrice elettrica.

La sua tappa successiva è Torino, dove lo aspetta l’amico Lando. Comincia la sua collaborazione con le case discografiche, il lavoro alla CEAT, le selezioni per La piccola ribalta, la relazione con Cecilia, la compagna che sposerà e lo seguirà nel suo ritorno definitivo a Sutera. È fondamentale la collaborazione con un regista del teatro torinese, Pier Giorgio Gili, per una piena valorizzazione del dialetto e del canto siciliano, l’amicizia del poeta Ignazio Buttitta di cui musicherà molti testi, tra cui Lu trenu di lu suli. L’incontro con il giornalista Mario Serenellini porta Nonò a cantare in siciliano al Beaubourg di Parigi con La rivoluzione del cantastorie. Sono anni di felice ed intensa attività, che lo vede anche organizzatore di un festival dei cantastorie di tutta Italia, Il Cantamille, che farà presentare a Franco Trincale. Segue lo spettacolo Lu pani si chiama pani, l’incontro con Melo Freni e  la collaborazione decennale con la Rai, spettacoli nelle varie piazze d’Italia con Buttitta e Rosa Balistreri, la partecipazione a vari film e i concerti con Roy Paci che lo coinvolgerà in generi musiscali molto lontani dal suo ma che diventano, per usare le stesse parole del famoso trombettista, “uno stimolo ... alla contaminazione senza barriere”.

L’unica cosa che non gli è riuscita è una sua partecipazione a Sanremo. Il plico che doveva giungere alla commissione esaminatrice misteriosamente sparisce, diventa un caso. Era un brano scottante su Tangentopoli. Nonò smuove le acque attraverso la stampa, non succede nulla. Un argomento troppo serio e divisivo per un contesto di musica leggera.

Nonò Salamone: un uomo ed un artista che si è fatto da sé, che ha sperimentato tutte le forme dello spettacolo ed entrato nelle nostre case attraverso tutti i media e canali di comunicazione senza tradire se stesso ed il mondo in cui crede.

Il libro si chiude come è iniziato, con le parole di congedo utilizzate da Nonò nei suoi concerti e che Michele Burgio aveva parzialmente anticipato all’inizio del libro: un cantastorie che utilizza il canto e la chitarra come spada (la durlindana del paladino Orlando) per smuovere le coscienze. Infatti le sue canzoni non raccontano la Sicilia di una volta, ma problemi spesso scomodi della Sicilia e dell’Italia a cavallo tra il Novecento e il Duemila.

Il libro si fa leggere tutto di un fiato e ci restituisce un Nonò che conoscevamo già, ma ci mancava una visione d’insieme.

Mario Tona