Personaggi di storia locale
Calogero Frangiamore, alias Lubardicalodibolia, di Acquaviva Platani

Lubardicalodibolia, per generazioni di Acquavivesi si pronunciava e si scriveva senza interruzioni o punteggiature, una Istituzione, Lastatuadellalibertà, tutti ne parlano, pochi sanno di cosa si parla.
A cento anni dalla nascita del fondatore di quella istituzione Acquavivese proviamo a raccontarne la storia e le origini.
Calogero Frangiamore nacque ad Acquaviva Platani il 24 novembre 1920, il papà si chiamava Vincenzo, la mamma Liboria Culora, è proprio questa a dare la ngiuria (soprannome dispregiativo) al piccolo Calogero.
Nel piccolo borgo contadino dell’entroterra siciliano di Calogero ce n’erano una marea, evidentemente di figli di Liboria un po' meno, per altro il cognome era un oggetto sconosciuto ai più, pertanto venne naturale distinguere il piccolino come figlio di “Bolia”, diminutivo di Liboria.
Vincenzo era un benestante commerciante, aveva un buon commercio di vino, prima della seconda guerra mondiale andava nelle cantine di Regaleali – nelle campagne tra Vallelunga Pratameno e Villalba - a caricare il vino che poi vendeva nella locanda che si trovava nella piazza principale del paese.
Dal matrimonio tra Vincenzo e Liboria nasce un unico figlio, cosa rara a quei tempi: Calogero sarà coccolato e viziato.
Per farlo continuare a studiare gli fanno ripetere tre volte la terza elementare, non c’erano classi superiori!
Tra i Figli della Lupa, organizzazione giovanile fascista, era quello vestito più elegante, i vestiti glieli faceva lu zù Mommo. Addirittura organizzano una gita sulla montagna di Cammarata, evento giovanile che resta scolpito nella memoria di Calogero, da anziano ne parlerà spesso.
Inizia a lavorare come sarto, la prima delle sue molte esperienze professionali. Il 22 aprile 1939 Calogero sposa Rosalia Orlando. Questa era la penultima figlia di benestanti possidenti agricoli, il papà aveva un oleificio ed insieme ad altri soci aveva in gestione la manutenzione della strada provinciale che dalla stazione Ferroviaria di Acquaviva – Casteltermini raggiungeva il capoluogo di provincia, Caltanissetta. Gestivano anche la riscossione dei tributi comunali.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale il giovane Calogero, ha appena compiuto i 19 anni, lo spediscono in Grecia, sarà un geniere, ricorderà sempre il piazzamento della propria squadra sulla parte più alta del teatro di guerra e comunicare le coordinate dove indirizzare il tiro ai pochi cannoni in dotazione del Reggimento di cui faceva parte. Nel frattempo ha modo di mettere al mondo due figli, Liboria, come si poteva non dare il nome della propria mamma alla piccolina! E un maschietto che con il nome ci va un po' meglio, suo nonno si chiamava Vincenzo!
Liboria nasce nel 1940, Vincenzo nel 1942, poi c’è un vuoto di quattro anni, il soldato Calogero è fatto prigioniero di guerra dai Tedeschi che nel 1943 da alleati diventano nemici. Raccontava di quando nel 1943 i soldati italiani marciavano insieme ai tedeschi ed improvvisamente i terribili panzer orientarono i loro cannoni verso quelli che erano i loro alleati, li disarmavano e li deportavano nei campi di prigionia.
Durante la prigionia lavora come sarto, raccontava di aver utilizzato spesso il fil di ferro per attaccare i bottoni. Racconta dei dispetti di alcuni sorveglianti tedeschi che, dopo gli esercizi ginnici, li obbligavano a docce ghiacciate.   
Dal 1944 al 1945 la “nostra” Istituzione resterà prigioniero a Forbach in Francia che in quel periodo era sotto la dominazione tedesca. Una domenica mattina dell’estate del 1945 il cognato Salvatore Orlando ed il piccolo Vincenzo, a dorso di un mulo, andranno ad accogliere alla stazione Spina il reduce dalla prigionia molto dimagrito, ma miracolosamente illeso.
Al suo ritorno in patria i genitori di Calogero sono morti, nel 1946 diventa papà di Dina, la prima professione di sarto non gli consentiva di vivere e allora, con una intraprendenza che potrebbe essere da esempio per molti giovani d’oggi, si “inventa” il bar, luogo sconosciuto a molti dei suoi paesani. Compra un banco frigo dove all’interno vi era una miscela di acqua ed un sale speciale e tramite la cattabriga riusciva ad ottenere quel gelato “speciale” che per tanti clienti rimarrà nei ricordi della propria giovinezza.
Si “inventa” la granita, si faceva portare il ghiaccio da Porto Empedocle perché quello prodotto sulla montagna di Cammarata non era sufficiente e così nel piccolo locale di proprietà gli avventori estivi potevano gustare la gustosa novità. Nelle lunghe serate invernali si giocava a carte ed i perdenti pagavano la “consumazione” alla squadra vincitrice.
Il magro incasso non bastava, così nel locale attiguo al bar che aveva ingresso nella via Umberto I° aprono la “putia”. La moglie Rosalia era quella che vendeva gomitoli di lana e vari poveri alimenti. Il pagamento il più delle volte era affidato ad una libretta dove veniva segnato l’importo che il cliente doveva pagare.
Nel 1948 nasce la quarta figlia, Graziella.
Sono anni difficili economicamente ma la famiglia numerosa dava soddisfazione: i figli lo aiutavano a portare avanti l’attività commerciale. Lui li tratta con affetto: si lascia pettinare dalle sue bambine. Lo stesso affetto avrà con i suoi 11 nipoti da quando, a soli 40 anni, inizierà la sua avventura di nonno.  
Con l’avvento dell’era televisiva si affitta un altro locale in piazza, vi installerà il primo televisore di Acquaviva, un arnese che pesava un quintale, altro che video a cristalli liquidi! Un giovane acquavivese, Gino Palumbo, sarà il gestore del locale, si affaccendava a gestire le ordinazioni “volontarie” degli spettatori e, talvolta, faceva da “buttafuori”.
Negli anni antecedenti al 1960 arriva ad Acquaviva anche il telefono ed il bardicalodibolia è il centralino. Altro che cellulare satellitare! Allora un emigrato che si trovava in Inghilterra per telefonare ai suoi cari ad Acquaviva doveva sorbirsi attese interminabili. Il chiamante si recava al suo centralino, che a sua volta chiamava un altro centralino, in Italia la chiamata arrivava a Roma che in tempi “moderni” chiamava il centralino di Caltanissetta che chiamava il centralino di Acquaviva.  Qui, lu zì Calò e spesso il figlio Vincenzo compilavano l’avviso di chiamata da recapitare al fortunato ricevente. Questi si metteva in attesa al bar e, se andava bene, dopo qualche ora riusciva a parlare con il suo familiare all’estero. Spesso, l’ignoranza, non consentiva un dialogo diretto tra i familiari e il piccolo Vincenzo faceva da “traduttore” con scene che sono rimaste famose nell’ambiente familiare.
Nel 1959, c’è un imprevisto, alla veneranda età di 41 anni Rosalia, chiamata da tutti Rosa, mette al mondo un altro maschietto, il biondo Maurizio. Nel settembre dello stesso anno la figlia Liboria si è sposata con Sebastiano Profita, che si rivelerà un giovane ed intraprendente imprenditore. Infatti durante i primi anno del 1960, suocero e genero, insieme ad altri soci fra cui, Carmelo Mistretta ed il fratello Giuseppe, comprano una trebbia e tutta l’estate stanno in giro per le campagne del circondario a lavorare il faticoso raccolto dei tanti contadini.
Nel frattempo il bar in piazza si è evoluto con i tempi, adesso la gente ha più soldi in tasca da spendere, specialmente d’estate c’è il ritorno dei tanti emigrati che vengono in ferie sia per far vedere la macchina appena comprata, che rivedere gli amati parenti rimasti in paese e, già che ci sono, cercare e possibilmente trovare la propria futura moglie secondo il detto “mogli e buoi dei paesi tuoi”.
Fra i tanti baldi giovani che sono in paese dopo avere trovato un lavoro fuori dalla Sicilia, c’è un timido Antonio Giambrone, timido ma temerario. Il giovane Antonio è partito per la leva obbligatoria, ma ha scelto il genio ferroviario con la sicurezza che alla fine del periodo potrà essere assunto dalle Ferrovie dello Stato.
Dina sposerà Antonio nel 1969 ed andranno ad abitare a Como. Poco dopo, nel 1970, Vincenzo sposerà la bella Vincenza Di Natale. Nell’anno della pandemia festeggeranno il cinquantesimo di matrimonio. Nel frattempo inizia a lavorare alla Generale Elettrica, futura Enel.  Vincenzo inizia la consegna a domicilio delle bollette della luce e presto diventerà un amministrativo contabile apprezzato nella sede principale dell’Enel di Caltanissetta.
Il bar in piazza non ferma mai la propria attività, non si limita a mescere qualche bevanda o fare pochi caffè, commercia bombole a gas, la distribuzione del metano avverrà negli anni del duemila. Sicuramente, se fosse vissuto abbastanza, dopo la televisione, il telefono, la corrente elettrica e il gas, Calogero sarebbe stato coinvolto anche nella fibra ottica!
Il bar è anche cartoleria/libreria, quanti “Sorrisi e Canzoni” venduti! Lu Zì Calò è anche il fornitore dei libri di testo di tutti i ragazzi delle scuole dell’obbligo di Acquaviva. Negli anni 70/80 del secolo passato i ragazzi che frequentavano quelle classi erano parecchi e Calogero non poteva restare insensibile a questo nuovo elemento di progresso!
Stava finendo la penuria dei tempi di guerra, Calogero si inventava ogni anno qualcosa di nuovo, i compaesani godevano del boom economico nazionale, e da buon imprenditore offriva loro le occasioni per svagarsi e spendere soldi nel proprio bar. I tavolini fuori l’estate, il “pezzo duro” (tronchetto di gelato) dello zì Calò non mancava nel dopo pranzo delle famiglie acquavivesi, il flipper, il biliardo che negli anni ottanta diventa luogo di interminabili tornei serali.
Interminabili e pittoreschi erano anche i comizi elettorali che usavano come tribuna il balcone posto al primo piano dell’abitazione di lu zì Calò. I Sindaci Santo Vario e Totò Mistretta usarono quel balcone in tutti i comizi che li videro confermare il prestigioso incarico per diversi decenni. La popolazione di Acquaviva assisteva e partecipava alla vita sociale e politica cittadina con la propria presenza fisica ed emotiva.
Nel 1978 si sposa Graziella con il professore di francese Carmelo Sorce ed andranno ad abitare a Mussomeli. Nel 1989 si sposa l’ultimo figlio, Maurizio, anche lui con una professoressa, Antonella Denaro di Castelvetrano, dove andrà ad abitare nei decenni successivi. Nello stesso anno Calogero e Rosa festeggiano 50 anni di matrimonio circondati dall’affetto dei figli e dei nipoti. Nel frattempo la moglie Rosa era andata in pensione, aveva venduto il proprio negozio alimentare. Calogero capisce che è giunto il momento anche per lui di tirare i remi in barca. Il bar lo darà in gestione alla graziosa Maria Culora, che a sua volta lo darà in gestione alla buonanima di Marino Picone, che a sua volta lo darà a Scannella di Mussomeli, per essere oggi gestito dall’intraprendente Totò Boscarini con la sua bella figlia Alessia ed il genero Vincenzo, questi hanno avuto la felice idea di adibire a bed & breakfast la casa dove abitava la famiglia Frangiamore.
I cinque figli di Calogero e Rosa sono tutti felicemente sposati. Dal matrimonio di Liboria e Sebastiano nascono Gianni, Roberto, Cristina e Linda. Da Vincenzo ed Enza nascono Fabio e Alessia, da Dina e Antonio nascono Luisa, Giulio e Laura. Da Graziella e Carmelo nasce Francesco, oggi anche lui papà, come quasi tutti gli altri cugini. Nel 1992 nasce Daniela, l’undicesima nipote di Calogero, figlia di Maurizio e Antonella.
Il lavoro onesto, frutto di tante fatiche ha prodotto cinque nuove famiglie, unite, pronte a loro volta a produrre e ringiovanirsi malgrado le avversità e la grande perdita dell’amato nipote Fabio nel 2008. Mentre scriviamo i pronipoti di Calogero e Rosa sono 11. I nipoti ricordano ancora le partite al biliardino giocate e i gelati mangiati al bar del nonno Calogero e le feste di Natale trascorse insieme da ragazzi.
Nel 2004, quasi senza far rumore, Calogero raggiungerà in Cielo la moglie Rosa, che era venuta a mancare nel 1994. Ci piace immaginarli lassù a braccetto e sorridenti, come nella foto del loro cinquantesimo anniversario di matrimonio a fare il tifo per i figli, i nipoti e i pronipoti con tutte le loro famiglie.

Maurizio Frangiamore