- Pagine di storia locale
-
- 1881. Quando Umberto I,
Re d’Italia, si fermò alla stazione di Sutera
- Il
12 gennaio 1881 re Umberto I, con la moglie Margherita, nella foto, ed il
principe di Napoli si fermò per sei minuti alla stazione di Sutera per ricevere
gli omaggi del sindaco e della popolazione. Oltre alla banda c’erano gli alunni
dei due ordini di scuola elementare, coi rispettivi maestri, una gran folla, la
giunta municipale e la banda. Il treno proseguì per Agrigento dove la famiglia
reale fu accolta da sfarzosi festeggiamenti.
- Con
linguaggio fiorito, sproporzionato nei toni, il segretario comunale Stefano
Mulé Gianni racconta nei minimi particolari la giornata, con i preparativi e
gli esiti successivi, tra cui l’affissione nella sala del consiglio di una
lapide commemorativa. Tale entusiastica accoglienza non fu comunque del tutto
disinteressata, venne infatti presentata al re anche una supplica su un
rilevante problema comunale, della cui natura purtroppo nulla trapela. Un
grazie all’amico Franco che si è divertito e ci ha divertiti nel togliere via
la polvere da questa piccola, enorme! notizia che animò per giorni la nostra
piccola cittadina.
- Mario Tona
-
- DIMOSTRAZIONE
DEL MUNICIPIO DELLA CITTA’ DI SUTERA FATTA ALLA FAMIGLIA REALE IN OCCASIONE DEL
PASSAGGIO PER LA SUA STAZIONE FERROVIARIA
-
- Opuscolo
stampato a Treviglio, stabilimento Sociale Tipografico, 1881, In segno della
piu’ sentita devozione verso l’augusta casa regnante, a sua altezza reale il
principe di Napoli da parte del segretario della città di Sutera, Stefano Mulè
Gianni
- *****
- la stampa italiana si affrettò a rendere di pubblica ragione
la venuta in Sicilia della Famiglia Reale, non appena venne determinato dalla
Sovrana volontà.
- A
tale annunzio il Municipio di Sutera, fu compreso della massima gioja, ed
esternò immenso tripudio per tanto fausto avvenimento.
- Però
avendo in prosieguo appreso che il RE, LA REGINA ed il PRINCIPE di NAPOLI,
doveano passare per la sua stazione ferroviaria, col due corrente di gennajo
indirizzò al Ministro della Casa Reale in Roma il seguente telegramma:
”Municipio Città Sutera, interprete sentimenti popolazione passaggio treno
Reale, troverassi stazione omonima, onde rassegnare profondi sentimenti
devozione Augusta Maestà e Famiglia”.
- Indi
col giorno dieci, il Sindaco Montalto, si premurò di fare apporre, in varii
punti della Città, l’avviso che segue:
-
- Cittadini!
- Col
dodici andante Gennajo, alle ore dodici meridiane, passeranno per la stazione
Sutera, RE UMBERTO, Regina MARGHERITA e PRINCIPE DI NAPOLI. La Real Famiglia
appartiene a quella Augusta Dinastia di Savoja, che cimentò Regno e Corona in
pro di quell’Unità d’Italia, che fu il continuato sospiro di molti dotti
letterati, cui toccò il duro pane dello esilio, per aver tentato, coi loro
scritti, di riunire in un sol fascio, le varie italiche Provincie, che il
servaggio di un pugno di tirannucoli, dominavano con bastone di ferro.
- Oggi
però, che per esclusiva loro abnegazione, l’Italia nostra, si trova una, forte,
compatta, militare
- È SACRO DOVERE,
- che
la cittadinanza Suterese accorra in quel giorno numerosa verso la stazione,
onde rendere i dovuti omaggi, ed esternare la più sentita devozione verso
quegli Augusti e Benemeriti Personaggi, compiendo così ognuno il proprio dovere
di cittadino, con mostrar nel contempo all’Italia, che ciascun Suterese, non è
da annoverarsi fra i suoi degeneri figli.”
-
- Dietro
la pubblicazione di questo avviso, il Municipio passò a preoccuparsi, onde
disporre la stazione in modo decente, per meglio rendersi degna di ricevere la
Real Famiglia. A qual’uopo da quattro persone dell’arte, furono lì alzati
diversi archi trionfali e vari padiglioni, che gli archi bene addobbati, e con
buona architettura disposti, Sutera riscosse degli applausi da un treno
passeggiero, che veniva da Palermo.
- Tutto
questo per la stazione.
- In
prosiego il Municipio pensò di come meglio potersi esternare dei sentimenti di
affetto, da parte del Comune, verso la Corona Regnante.
- Ed
ecco, che fe' al riguardo costrurre sessanta piccole bandiere, che furono
distribuite alla scolaresca dei due gradi elementari, officiandone in pari
tempo i Professori a tenersi pronti pel giorno dodici coi rispettivi alunni.
Fatto questo, fece eseguire un nuovo abito pel Mazziere municipale, e la mazza
civica fe' ripulire in Palermo la quale per racchiudere in sè molti pregi di
antichità, ove prima dell'arrivo del Re alla stazione, nel passare un treno per
Girgenti, fu in carta disegnata dà un forastiere, che si vuole, fosse stato
Inglese.
- A
coronare finalmente gli atti di devozione verso l’Augusta Casa Sabauda, il Municipio
acquistò per ultimo in Palermo una ricca bandiera con molto lusso frangiata, da
essere degna di rappresentare il nazionale vessillo, e da potere decorosamente
mostrarsi al Re Umberto, Regina Moglie, e Principe di Napoli, loro
predilettissimo Figlio.
- Però
in esito al telegramma municipale del due, verso sera del di undici, Sua Maestà
telegraficamente manifestava al Sindaco, di essersi benignamente determinata di
fermarsi due minuti alla stazione di Sutera.
- Indescriviblle
fu la gioja e la contentezza, che tal nuova produsse nella Municipale
Rappresentanza. Cotanto onore di fermata, fu dal Sindaco partecipato al
pubblico, per mezzo di avviso, così concepito:
-
- CITTADINI
- “Ai
sentimenti di devozione, che i Rappresentanti di questa Città (interpreti dei
vostri cuori) rassegnarono alla Famiglia Reale, Sua Maestà il Re, (a mezzo
dell’Ajutante di Campo Generale De Sonnaz) partecipò il seguente telegramma: “mi pregio informarla, che
domani, dodici corrente, le LL. MM. il Re e la Regina, passeranno per la
stazione di Sutera, alle ore dodici meridiane circa, e vi si fermeranno due
minuti.”
- SUTERESI!
- Non
degeneri figli dei nostri avi, mostriamo che l’Italia tutta, va unita col cuore
e colla mente facendo omaggio al Figlio Re, di Chi, non curando Trono e Vita,
riunì in un sol fascio la nostra patria, l'Italia, - a Colui, che sparse il
sangue per renderci liberi - alla Regina Margherita - al Principe di Napoli,
proveremo la nostra devozione, ed il nostro inno sia il triplice grido, viva il
Re, la Regina ed il Principe di Napoli. »
- Indi
dallo stesso Sindaco, fu compiuto il tripudio per quella sera, con indirizzare
all’Aiutante di Campo di Sua Maestà in Palermo il seguente telegramma:
- “Rappresentanza
Municipale - cittadinanza tutta, devoti sempre Famiglia Regnante di cuore
ringraziano, mio mezzo, V. S. che partecipando gentil pensiero Sua Maestà,
empie di gaudio i nostri cuori. Rassegnano Eroe Italia - Regina Margherita - e
Principe di Napoli loro sentita devozione.”
-
- Pel
Municipio e pel popolo, l'intiera notte dell'undici parve loro secolare, pesò
su di loro come un sacco di ferraglia. Spuntò finalmente il sole del giorno
dodici. I suoi raggi, or rifulgevano
limpidi, or venivano nascosti da nuvole, che si mostravano
cariche di pioggia. Sicché il cielo, quantunque annebbiato, pure moralmente era
reso limpido e ridente dalla gioia della fermata del treno Reale alla Stazione.
- Suonarono
le ore otto antimeridiane. Municipio e popolo si posero in movimento.
Decentemente vestita ed imbandierata si presentò la scolaresca dei due gradi,
capitanata dal rispettivo Professore. Si fermò nella piazza Sant' Agata
militarmente disposta.
- La
banda cittadina, (che l'avea accompagnata) continuò a suonare l'inno reale. In
questo mentre dal palazzo Comunale usci il Municipio. Precedeva la imponente
bandiera, che portava l’Assessore Callari. La scolaresca da italiana davvero,
gridò, viva il Re, al giungere del Municipio, il quale ordinò alla medesima di
seguirlo. Si diresse indi con essa per la stazione, accompagnato da più della
metà del popolo, che intiero non si recò colà, a causa delle pioggie del
precedente giorno, che aveano reso difficile il transito della strada.
- Lì
arrivati, il Sindaco dispose così le cose: primieramente pose in bell'ordine il
personale della Banda Musicale; dopo una breve distanza, il Mazziere; dietro
qualche intervallo, il Municipio; in ultimo seguiva la scolaresca. Dal primo
uomo sino ultimo, se ne stavano schierati in bell’ordine, per quanto, chi
avesse guardato da uno dei due estremi, non avrebbe trovato nessuno, che se ne
stesse fuori riga. Il popolo era sparso in vari gruppi per la campagna.
- In
questo modo si aspettava l'arrivo del Re e Famiglia!
- Dietro
aver precesso la staffetta Reale, il Capostazione (Signor Cirone Domenico
Pavone degno di miglior fortuna) veniva per telegrafo avvertito, che il Treno
Reale erasi di già partito dalla vicina stazione, Acquaviva-Platani. In un
baleno si propagò l’annunzio fra tutti. Una entusiastica commozione si leggeva
nel viso di ogni spettatore. Generica era l'impazienza di veder comparire
gl'Idoli Sovrani. Erano scorsi pochi minuti dal passaggio della staffetta,
quando in lontananza apparve una nebbietta di fumo. Era il segno foriero della
Reale locomotiva. Fu allora ordinato dal Sindaco il continuato sparo di
mortaletti. Al primo colpo, la banda intuonò l’inno del Re. Giunse e si fermò
il treno Reale. Il popolo si mostrò fremente ed Italiano. Gridò sempre, viva il
Re, la Regina Margherita, il Principe di Napoli.
- Nel
frattempo il Municipio si avvicinò alla vettura Reale. Però a non ingombrarla,
vi entrarono solamente, i Signori, Montalto Angelo - Benedetto Carruba -
Stefano Mulè Gianni. Furono essi ricevuti dal Re con quella gentilezza, tutta propria
della Casa Savoja. In questo mentre, varie suppliche furono presentate alla
Sovranità, che le ricevette benevolmente. Il Re nel vedere, che il popolo non
si potea avvicinare, perché impedito dalla forza, disse queste parole: “Non
soffro vedere il popolo così impedito, lasciate che ogn'uno possa avvicinarsi
liberamente. Un tal linguaggio così paterno, generoso e benevolo, commosse
davvero! Non può esser degno che del Re Umberto, di quel gran modello dei
Monarchi!
- Dal
lato opposto della vettura, il Principe Reale graziosamente scherzava con
teneri bimbi muniti di bandiera. Anzi mi ricordo, che ad un ragazzo tolse la
lancia del suo piccolo vessillo. Tal procedere, è il più chiaro specchio del
Sangue non altiero regnante - il più chiaro indice della non affettata umiltà
dei Re col suddito - che inalza più la dignità Sovrana – e che nel contempo
rende più incantevole, più adorabile nel popolo, il sublime Nome, della Casa
Regnante!
- Sia
ciò di scuola ai Coronati Stranieri, se vogliono, che il popolo si mantenga
sempre fedele e devoto al Principe - se vogliono, che sul petto inalzi
un’altare per adorarlo!!
- Ritorno
ai tre Membri Municipali entrati nella vettura Sovrana. Non appena essi furono
al cospetto Reale, il popolo, la musica, i mortaletti, contennero il massimo
silenzio. Dietro inchino officioso Montalto Sindaco, lesse al Re (con modo
fermo e lodevole) le poche parole seguenti:
-
- “Sire
- In
nome del cittadino popolo Suterese, la Giunta qui presente, umilia i più
sentiti omaggi e la più profonda devozione al Re, alla Regina Margherita ed al
Principe di Napoli, dei quali tutti, ne va tanta superba Italia, per aversi in
loro una Dinastia, che generosamente sa governarla.
- II
Municipio suddetto si permette, in mio nome, di rassegnare a piè del Trono
della Vostra Augusta Maestà una supplica, nella sicurissima speranza, che sarà
benevolmente esitata dal Cuore giusto e leale del migliore dei Re, che conta
nel momento Europa.”
-
- Tali
parole, furono dal Sindaco pronunziate con molta commozione. Parve però di
essere riuscite gradite al Re Sovrano, per essersi compiaciuto di conservarne
l’autografo.
- Re
Umberto incaricò Montalto di ringraziare, in suo nome, il Popolo; che cosi
affettuosamente avea dimostrato in pro della Famiglia Reale.
- In
quanto alla supplica, promise provvederla, per come di giustizia.
- Il
Re invece di due, (come avea designato nel suo programma) rimase fermo alla
stazione per sei minuti.
- Scorsi
però i quali, completò per Sutera l'onore, con istringere affettuosamente la
mano individuale dei tre entrati. Scesi costoro, il treno Reale riprese
nuovamente il suo cammino.
- Qui
la musica, i mortaletti ed il popolo procedettero altra volta ad intuonare il
rispettivo inno, sino a che il treno medesimo fu perduto di vista.
- Cosi
fu chiusa pel momento la festa Reale. Dico pel momento chiusa, nel senso, che
la Giunta ritornata in città affiggeva al pubblico, il seguente avviso:
-
- Cittadini!
- “Il
sottoscritto Sindaco del Comune di Sutera porta alla vostra conoscenza: che il
Municipio, col suo Segretario Sig. Mulè, fu dal Re accolto, con quella
cordialità e con quelle gentilissime maniere, che sono un caro pregio, un
naturale distintivo della Casa Sabauda. Lo scrivente lesse poche, ma commosse
parole, di cui Re Umberto volle degnarsi conservarne l'autografo e ricevette da
Lui espresso mandato di ringraziare, in suo nome, il popolo Suterese per la
spontanea devozione espressa nell’aver dimostrato col cuore e con sentito
affetto in pro della Real Famiglia nei pochi momenti della sua fermata alla
stazione.
- Fa
egli inoltre conoscere, che rassegnò una supplica, (su di un oggetto rilevante
pel Comune) che il Re, dietro essersi benignato di chiedere taluni schiarimenti
al riguardo, lasciò trapelare la speranza, che la grazia Sovrana sarà per
decidersi, potendo, in conformità ai desideri di questa popolazione di Sutera.
- Il
giorno di jeri, fu un giorno d’oro per questa Città che segna di già per Lei
uno dei più grandi avvenimenti, per essere stato Sutera, uno fra i pochi suoi
confratelli Comuni dell'isola, che ottennero grazia di essere ammessi ad
udienza Reale.
- Conserviamo
quindi incrollabile fede e devozione profonda verso la Dinastia Regnante, la
quale totalmente sconosce cosa sia alterezza col suddito, compiacendosi invece
di sempre accoglierlo con quella famigliarità, che ha saputo idolatrare nel
cuore degl'Italiani, l'Augusto e Venerabile Nome, di Umberto Primo, Re Singolare, Affettuoso ed Onesto.”
-
- In
ultimo il Municipio suggellò i suoi veraci sentimenti per la Casa Savoja, con
un telegramma diretto in Catania a Sua
Eccellenza l’Aiutante di campo di sua Maestà, così concepito:
- “Oggi
riunitasi Giunta linea urgenza deliberò lapide tenersi affissa sala Consiglio,
in commemorazione onorevole fermata Sua Maestà alla Stazione Sutera, per
ricordo, graziosa accoglienza fatta Municipio - e per testimoniare incrollabile
devozione sentita per la Casa Sabauda.”
- L’indomani,
giorno quattordici corrente, il Municipio si ebbe di risposta dal cennato
Aiutante di Campo due telegrammi, contemporaneamente dati, del tenor seguente:
-
- Primo
dispaccio:
- “Fu
mia premurosa cura il rassegnare a Sua Maestà il Re i gentilissimi cenni, che
Ella ebbe a rivolgermi stamane con telegramma.”
- Secondo
dispaccio:
- “Mi
feci premura di rassegnare a Sua Maestà il Re telegramma della S. V.
Illustrissima.
- Il
Re molto sensibile al gentil pensiero di cotesta Giunta Municipale.”
-
- Qui
si completò ed ebbe punto fermo la municipale dimostrazione, dimostrazione che
la Famiglia Reale deve gradire con piacere, perché stata fatta col cuore e con
la più sentita devozione, di cui tanto meritano i tratti benevoli ed amorosi,
che Re Umberto suol sempre usare, quando parla col popolo.
- E
fa bene.
- Perché
ogni parola affettuosa, che un Sovrano dirige al suddito, è un raggio di
purissima luce, che fa meglio riflettere i grossi brillanti della sua Corona!
- Ogni
parola amorosa di un Sovrano è una potente base pel Trono, che non potrebbero
dare un reggimento di baionette spiegate!
- Ogni
parola, piena di cuore, che un Principe rivolge, è un ricco diamante, che va ad
innestarsi in un Diadema Reale!
- Dirò
perfino, che ogni parola che un Sovrano paternamente regala, converte il
popolo in soldato - ne fa un eroe - a cui troncate dal nemico le braccia, non
lascerà di combatterlo valorosamente col Petto!
- Sicché
l’essere un
Principe docile e manieroso col suddito – amorevole quando parla - interessato,
quando lo supplica, sono modi questi che costituiscono le doti cardinali di un
Sovrano! Di ciò, n'è modello il Re d'Italia!
- Il
Cuor di Lui, é un santuario di sì belle Prerogative. In esso Cuore, è che
riflettono quelle doti, come i piumosi occhi gemmati, nelle penne del pavone. È
per questo, che il popolo Italiano immensamente lo ama – l’adora - ne conta i
palpiti - sin'anco i sospiri!
- Così
dunque devono diportarsi sempre le coronate menti degli Stati, quando vogliono
che il Trono sia forte - possente - incrollabile - duraturo, come sarà sempre
quello dell'Augusta Casa Savoja fra gl’Italiani.
- Sutera,
14 Gennajo 1881
- L’Autore
- Stefano Mulé Gianni
- segretario