Il Pane del
perdono
Messaggio di
Quaresima 2021 del Vescovo Mario Russotto
Figlioli carissimi,
a tutti e a ciascuno di voi giunga il mio
affettuoso paterno saluto, avvalorato dall'accorato quotidiano ricordo nella
preghiera davanti a Gesù Crocifisso, nostra speranza e nostro conforto.
1. SONO PECCATORE
In questo lungo e perdurante tempo di pandemia
temo che si vada sempre più insinuando un invisibile virus di altra più sottile
mortale natura, che genera stanchezza e diffidenza, lento abbandono della fede
e crescente indifferenza, avviluppamento individualistico in se stessi
e chiusura alla cura e alla solidarietà nei confronti di chi ci sta accanto.
Con
questo Messaggio di Quaresima
desidero, pertanto, infondere in ciascuno di noi il coraggio e la responsabilità
di credere e sperare, percorrendo la via stretta dell'Amore che si fa perdono fino allo spreco e ponendoci tutti quanti
alla sequela di Cristo Gesù, su quella
Via Crucis il cui estuario è la Vita nella Via Lucis.
Riscopriamo
viviamo testimoniamo la bellezza e la
forza della fede, senza tentennamenti e senza compromessi! Camminiamo uniti
e spediti sulla Via Sanctitatis,
accompagnati dalla lampada della Parola di Dio e nutriti dal Pane
dell'Eucaristia, mensa di riconciliazione e comunione per tutti noi peccatori redenti.
Sì,
la nostra personale carta d'identità per l'accesso al Paradiso è una sola: sono peccatore! Soltanto questa
radicata consapevolezza ci permette di entrare da "giustificati"
nella Casa del Padre nostro che è nei cieli: «Abbiate fede in Dio — dice Gesù — e abbiate fede anche in me. Nella Casa del Padre mio vi sono molti
posti... Io vado a preparavi un posto» (Gv 14,1-2).
Sono peccatore! Proprio come ha ammesso
Pietro prostrandosi ai piedi di Gesù davanti a tutta la folla: «Signore, allontanati dame che sono un
peccatore». E il Signore gli rispose: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore
di uomini» (Lc 5,8-10). Proprio come insegna Gesù nella parabola del fariseo e
del pubblicano al tempio, nella quale quest'ultimo «fermatosi a distanza, non
osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. . .
questi tornò a casa sua giustificato»
(Lc 18,9-14).
Nella
celebrazione della Santa Messa il Sacerdote invita tutti e se stesso ad una
seria presa di coscienza con una profonda consapevolezza: «Riconosciamo i
nostri peccati». Questa è la condizione necessaria e ineludibile per accostarci
alla mensa della Parola e dell'Eucaristia. Perché apre il nostro cuore al
coraggio di chiedere e donare il perdono. Ecco le tre "P" costitutive della Santa Messa, nella sequenza
dello svolgimento della celebrazione:
Perdono-Parola-Pane!
2. IL CORAGGIO DEL
PERDONO
Nella
mia ultima Lettera pastorale sul "Padre nostro" ho dedicato un intero
capitolo al tema del perdono, commentando la quinta richiesta: «Rimetti a noi i nostri debiti, come anche
noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12).
Se
non perdono il fratello non sono figlio del "Padre nostro". Perdonare
il fratello non è un dono che a lui faccio, ma un dono che da lui ricevo,
perché perdonando ricevo lo Spirito di santità. Pertanto, perdonare è un
miracolo più grande che risuscitare un morto: è rinascere come figlio nello
Spirito per essere restituito alla comunità come fratello. «Infatti, se non perdonerete agli uomini di vero cuore, neanche il
Padre vostro perdonerà a voi» (Mt 6,14): queste parole, poste a conclusione
della consegna del "Padre nostro", sono una verifica per vedere se ho
pregato "in spirito e verità", con la coscienza di essere peccatore.
Se non perdono il fratello, non riconosco Dio come Padre e non accetto il suo
perdono per me peccatore! Santo, allora, non è chi non pecca - tutti
commettiamo dei peccati ogni giorno e tutti siamo peccatori - ma chi perdona
come Dio. Il perdono del fratello è il luogo in cui riconosco davvero Dio come
Padre.
«Rimetti a noi i nostri
debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Questo
"come" è quanto mai impegnativo, non è consecutivo ma causale o
comparativo, come a dire: perdonaci a
causa del fatto che noi perdoniamo; oppure: perdona a noi tanto quanto noi siamo capaci di
perdonare! Ecco la novità rivoluzionaria del "Padre nostro"! Noi
diciamo a Dio Padre: Signore, non mi devi perdonare né molto né sempre, ma
tanto quanto io sono capace di perdonare, anzi proprio a causa della mia
disponibilità a perdonare chi ha un "debito" con me: «Infatti, se non
perdonerete agli uomini di vero cuore, neanche il Padre vostro perdonerà a voi»
(Mt 6,14).
Se io amo
davvero e perdono di vero cuore, Dio Amore mi perdona ancora di più. Dio è
sempre misericordia, ma Gesù ha voluto che il suo perdono fosse commisurato non
alla nostra "bontà" né alle nostre preghiere, ma all'umiltà del
nostro coraggio di amare perdonando e perdonandoci. Con la misericordia di Dio
non si scherza!
La
preghiera del "Padre nostro", che spesso recitiamo come se stessimo
svuotando un sacco di parole, ci condanna ogni volta che la recitiamo perché
ciascuno di noi dice a Dio: Non perdonarmi se io nel cuore non riesco a
perdonare. E Dio è rispettoso della nostra coscienza e della nostra libertà! Se
noi non siamo capaci di perdonare usciamo dalla chiesa non perdonati, perché
noi stessi, riconoscendoci peccatori, gli abbiamo chiesto:
«Rimetti a noi i nostri debiti come noi li
rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12).
3. LA FORZA DELL’UMILE AMORE
La
Croce di Gesù è vicinanza di un amore più grande di ogni peccato commesso e di
ogni male subito. In essa Dio scende dentro ogni possibile abisso, per farci
risalire redenti con Lui risorto. Perdonando i suoi crocifissori, Gesù rivela
il volto vero di Dio Amore e Misericordia. Perciò chi non per- dona, non
conosce Dio e precipita nel- l'abisso del non-senso e della contraddizione..,
fra il suo dirsi cristiano e il suo non darsi nel perdono.
Solo
se riusciamo ad essere e testimoniare il perdono di Dio - e di conseguenza il
Dio del perdono - saremo credibili seminatori di speranza. E allora, pur nel
travagliato amo- re, ciascuno di noi potrà dire: «La speranza vede la spiga,
quando i miei occhi di carne vedono soltanto un seme che marcisce» (P.
Mazzolari).
Il
perdono è il cuore del cristianesimo, mi- stero del dirsi e del darsi di Dio,
in quanto Parola e Pane d'amore, all'umanità peccatrice. Chiedere e donare
perdono non è segno di debolezza ma di forza, la forza dell'umile amore.
Maimonide,
uno dei più grandi pensatori nella storia dell'ebraismo, ha scritto: «Anche se
il dolore per il torto subito è intenso, perché l'offesa o il danno subiti sono
stati veramente gravi, non si cerchi vendetta e non si tenga rancore, poiché
proprio questa qualità di non cercare vendetta e di non serbare rancore è la
caratteristica dei figli di Israele e la peculiarità del loro cuore, che li
distingue dai duri e incirconcisi di cuore che serbano rancore in eterno».
E
Gesù insegna: «Se dunque presenti la tua
offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di
te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il
tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24). Non possiamo
celebrare la paternità di Dio se prima non cerchiamo di ristabilire la
fraternità spezzata! Non possiamo, infatti, chiamare Dio "Padre" se
non ci riconosciamo "figli". Questo significa riconoscere che anche
gli altri sono figli del Padre che è nei cieli, e dunque nostri fratelli.
Ciascuno di noi, entrando in chiesa, è invitato a ricordare, cioè a fare un esame di coscienza non in relazione a Dio
ma in relazione ai fratelli. E non possiamo entrare in relazione con Dio nella
preghiera se prima non abbiamo chiesto e concesso il perdono ai nostri fratelli.
Essere
chiusi alla relazione con gli altri e al perdono, non amare il fratello e non
riconciliarci con lui, anche se è lui ad avere qualcosa nei nostri confronti,
ci impedisce di entrare in relazione con Dio, rende impossibile la preghiera al
Padre che è nei cieli, perché non ci comportiamo da figli, non costruiamo la
fraternità: «L'umile amore è una forza formidabile, la più grande di tutte, come
non ce n'è un'altra» (F. Dostoevskij). L'amore vive di dono e di perdono: se
nel bene è dono, nel male cresce in perdono. Ecco perché il perdono è per noi
il pane quotidiano di cui abbiamo bisogno:
«Padre nostro... dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri
debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori...» (Mt 6,9-12).
Perciò...
«È venuta l'ora di metterci un po' meno dalla parte della
"ragionevolezza" e un po' più dalla parte del Cristo. È venuta l'ora
di relegare in soffitta i nostri comodi tradizionalismi e arrenderci, senza
condizioni, alla "novità" del Cristo. È venuta l'ora di non aver più paura del Vangelo»
o
(A. Pronzato).
Maria,
Madre della Chiesa e dell'umanità sofferente, infonda in noi il coraggio della
fede e la forza dell'umile amore, per camminare la vita nella via della santità
con il Pane della Parola, che si fa Eucaristia di Perdono. Buona Quaresima!
Vostro aff.mo
Mario Russotto Vescovo